giovedì 24 gennaio 2008

L'itinerario ragionato del nostro viaggio di nozze, per auto-organizzatori: 6 - Un giorno a Melbourne

Lasciato il deserto, partiamo da Uluru per la Polinesia, destinazione Isole Cook.

Piccolo problema: l'unica compagnia che vola a Rarotonga è l'ottima Air New Zealand. Peccato che i voli dalla costa Est decollino tutti tra mezzogiorno e le due, che da Uluru si possa partire non prima di mezzogiorno e che quindi c'è da fare uno stopover di un giorno a Sydney o Melbourne.

Si dà il caso che a Melbourne viva il mitico Davide Schiappapietra, compagno di merende dei tempi universitari, tra le risate più grasse fatte in quel periodo memorabile. Naturale fermarsi da lui, tanto più che di venerdì aperitivo e cena fuori non fanno danni. L'intenzione era quella di elemosinare un pagliericcio a casa sua, ma Davide, che ringraziamo ancora, ci offre una bellissima camera in albergo a Carlton, proprio ai margini del centro.

Curiosa la sua storia: nato e cresciuto a Brugherio, praticamente sotto la torre di Mediaset, laureato in Scienze della Comunicazione, appassionato di radio e televisione, non riesce a trovare lavoro in Italia.

Decide di cambiare aria, e la cambia davvero, tanto che dall'altra parte del mondo lo prendono alla radio nazionale (la nostra Rai, tanto per capirci), per alcuni mesi lo chiudono a doppia mandata in uno stanzino a fare corsi di impostazione vocale, corsi di dizione, lezioni di inglese per impararlo alla perfezione, gli spiegano vita morte e miracoli della radio e lo affiancano ad un team di realizzazione di una trasmissione multilingua. Uno spettacolo la redazione: ogni scrivania una nazione, Davide lavora fianco a fianco con una coreana, poco più in giù un francese, uno spagnolo, un pakistano, indiano, cinese e via dicendo.

Curiosa la storia di Davide, mica poi tanto: è la storia di tanti emigrati moderni, di tanti laureati che vanno a lavorare (e lavorano, e guadagnano!) all'estero. Cara vecchia Italia, sei sempre la Cenerentola tra le più ricche: prima della guerra i contadini, dopo la guerra i minatori, ora i laureati, tutti verso le stesse destinazioni.

Il giorno a Melbourne è forse il più intenso, non per la città, che somiglia ad altre cento, per quanto sia eccellente nei servizi: un bel lungofiume sulle rive dello Yarra river, tante etnie mescolate insieme, il sindaco di Hong Kong, un sistema di trasporti efficientissimo, il circuito di Formula Uno in pieno centro.

E' intenso per le emozioni, le storie da conoscere, le immagini viste. Gli studi radio che ci mostra Davide sono interessantissimi, non ne avevamo mai visti. Addirittura Francesca registra una base di apertura, che lui perfeziona col mixer. Il suo corner in redazione sembra la camera di un adolescente: poster del Milan, adesivi, segnalibri ovunque, post-it, computer sempre acceso, appunti sparsi un po' ovunque.

E' sempre lui: puoi spostarlo in capo al mondo, ma la sua fede milanista è incrollabile, anche se deve alzarsi alle sei di lunedì mattina per vedere il posticipo!

Già, è sempre lui, e la serata scorre via divertente, piena di aneddoti, racconti, macchiette che la sua indole curiosa e vivace partorisce in continuazione.

Mancava a questo viaggio un tassello: di solito, quando vado all'estero, capito sempre nelle comunità italiane. E' accaduto a Londra - quando sono andato a trovare mia zia - accadde a Toronto per analoghi motivi, e a Vancouver per vedere la partita degli Europei 2000. Nello stesso periodo, ad Eindhoven per lavoro dovevo intervistare i tifosi italiani per Italia-Svezia: ce ne fosse stato uno che vivesse in Italia. Colonia, Belgio, addirittura Brisbane!, tutti felici di sentirsi finalmente italiani fra italiani. Ad Atene invece la comunità l'avevamo creata noi vacanzieri, festeggiando la vittoria del Mondiale sotto l'Ambasciata Francese non blindata, uno dei pochi vantaggi di trovarsi all'estero in un momento simile.

La lacuna si colma presto, nel dopo cena, anche perché Davide vive lì. A Carlton, che Sonego quarant'anni fa dipinse alla grande nel suo Diario Australiano, bar ristoranti e locali ambigui fanno a gara nello sfoggio di tutta la simbologia italica: Ferrari Nazionale Milan Pizza Pavarotti Cannavari e Pulcinelle debordano dalle vetrine. Ragazzotti che bevono ad alta voce, incollanati come i più retrò dei tamarri, fanno tenerezza. Parlano quell'italiano di una volta, quel dialetto che non c'è più. A volte non lo parlano neanche più l'italiano, ma vedessi come tifano quando c'è la nazionale.

Immagino la faccia dei tanti Alberto Sordi che all'epoca, quando divertimenti e donne scarseggiavano, andavano alla Casa dell'Emigrante rivaleggiando per elemosinare appuntamenti con due o tre cessi da competizione: "Ma che le uimmene so solo queste? Tre, pelose, e pure presuntuose!".

Salutiamo Davide, che a marzo tornerà in Italia per qualche mese, prima di decidere se rimanere a vivere laggiù for good. E' logico che voglia pensarci attentamente: va bene la modernità, va bene i trasporti efficienti, va bene anche Internet e le chat; ma l'Australia è sempre laggiù, a ventisette ore di viaggio e tanti soldi di aereo. Forse è uno dei pochi posti rimasti in cui davvero partire è un po' morire.

(continua con la Polinesia...)

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