mercoledì 27 giugno 2007

El Camino de Santiago

Prendo spunto dall'inaugurazione del Festival della via Francigena, itinerario di pellegrinaggio di cui parlai tempo addietro, per raccontare alcune cose del Camino de Santiago, che percorsi (quello Frances, per la precisione) nel maggio 2002 in bicicletta.

Ogni due anni, sempre in una decina di amici, quasi mai gli stessi (me compreso, che manco all'appuntamento dal 2002 appunto), ce ne andiamo col nostro furgone e bici al seguito, alla volta di itinerari ciclabili di un certo fascino. Non siamo sportivoni superallenati, abbiamo le nostre mountain bike, le sacche neanche troppo professionali, alcune cucite in resistentissima tela di jeans - le migliori in assoluto, durano da vent'anni - prendiamo la nostra settimana di ferie ed il venerdì sera, appena finito di lavorare, si parte.

Viaggiamo la notte, alternandoci alla guida: in sei - sette, un paio d'ore a testa le si fanno tranquillamente. Del resto, non possiamo permetterci di perdere una giornata in mezzo al traffico, e spesso, partendo alla sera, arriviamo la sera del giorno dopo.


Per il Camino fu esattamente così: sembra piccola la Spagna, ma se in una dozzina di ore scarse si arriva a Barcellona, ne servono altre otto per giungere a Burgos, Castilla Y Leon. Il nostro Camino partirà da qui: Roncisvalle, sui Pirenei, è un po' troppo lontana, non siamo professionisti, né noi né le nostre bici. Quasi tutti abbiamo un passato da scout, ed il fascino per il viaggio organizzato-ma-non-troppo lo serbiamo ancora intatto dentro; ma la vita da atleta non fa per noi: scusate, ma una birra con qualcosa di serio da mangiarci in mezzo alle tappe ci sta tutta. In Spagna cervezas, in Baviera tra Gasthouse e Konditorei rasentavamo il kitsch tipicamente crucco, ci mancavano le bretelle; in Ungheria e Romania, i pranzi luculliani a prezzi inauditi riducevano la media chilometri giornaliera almeno del trenta per cento.

Ma tutto sommato, ce l'abbiamo sempre fatta.

El Camino presentava una componente differente dagli altri viaggi, tra l'altro molto forte, la ragion d'essere del percorso: la religiosità. Ognuno la vive a modo suo, questo è chiaro, ma in certi luoghi la religione - spesso nelle forme più becere ed ottuse del bigottismo, vuoi per ignoranza, disperazione o convenienza - ti entra dentro come un coltello. Per fortuna puoi decidere se seguire la corrente o ignorarla. All'inizio, tentammo un compromesso: provare le esperienze dei pellegrini, seguendo il percorso in bicicletta e dormendo negli alloggi riservati, una versione promiscua delle caserme, più rumore, meno furti, stessi orari. Vista la bruttezza allucinante delle pellegrine, la promiscuità finiva per essere un lato negativo. Sommandovi i lamenti di gente a cui consigliare tutto tranne che un pellegrinaggio a piedi, si capisce perché già dalla seconda notte ripiegammo sugli Hostales, oneste pensioni comode e pulite, simili ai nostri tre stelle, sui 60 Euro a camera, con bagni e colazioni degni di tal nome.

Nota. Il fatto che fossimo ex scout non deve trarre in inganno: siamo cresciuti in una parrocchia particolare, con un prete operaio che rifiutò il posto di insegnante di religione per andarsene a lavorare duramente in mare coi pescatori, che fondò la comunità di base nel quartiere (di pescatori, appunto) sulla scia dei teologi della liberazione sudamericani, col poster del Che in studio appeso di fianco al Crocifisso, ed il vescovo sempre sul piede di guerra. Insomma, un terreno non molto fertile per la boccalonissima e superstiziosa credulità nelle indulgenze.

E infatti, andando avanti nel Camino, ogni fardello di superstizione ci scivolava via sempre più facilmente, tanto da giungere, tra le altre amenità, alla gara dei timbri. Infatti, ad ogni tappa di pellegrinaggio - chiesa, ostello, punto di preghiera - viene rilasciato un visto nel libretto appositamente rilasciato dalla Diocesi prima della partenza dall'Italia, libretto da esibire alla Cattedrale di San Giacomo, a Santiago de Compostela, per ottenere il mitico attestato di pellegrinaggio, cimelio immancabile tra gli oggetti cult, o di culto, a seconda dell'orientamento. Non è necessario essere sospinti da motivazioni religiose - si può indicare anche la causale turismo o cultura - ma è indispensabile che il cammino si svolga in bici, a cavallo o a piedi; in realtà, alla fine è questione di lealtà, perché nessuno va effettivamente a controllare.

Anche per laici, agnostici o semplicemente non fanatici, il Camino ha una ricchezza spirituale straordinaria: pensare a quanti hanno percorso la stessa strada in epoche diverse, strada rimasta sostanzialmente uguale, e selvaggia in diversi tratti, regala le medesime sensazioni che potrebbe dare un Teatro Greco a Taormina senza Taormina (quella del turismo di massa), o una Valle dei Templi ad Agrigento senza Agrigento dietro (quella dello scempio edilizio). La prossimità e l'interazione continua con la natura più selvaggia, dalla pianura arida alle vette della Cruz de Fer al Cebreiro, dal deserto della Castilla Y Leon al freddo-umido scozzese della Galizia, porta ovviamente ad una riflessione ed una contemplazione tanto estetica quanto interiore. E' straordinario come il turismo di massa, nella forma archetipica del pellegrinaggio medievale, possa considerarsi oggi un'esperienza di viaggio, qualora ci si immerga senza violenza nel concetto e nell'ambiente del luogo. A prescindere dalla religione.

La stessa Cattedrale di Santiago senza il Camino non avrebbe quel senso: se non hai dormito anche per una sola notte in un ospizio per pellegrini, provandone il disagio ancor oggi con acqua corrente e medicazioni portatili, non riesci ad apprezzare e comprendere appieno la grandiosità del Botafumeiro più grande del mondo, che stemperava la puzza della Cattedrale colma di pellegrini impiagati.

Ma soprattutto, se non hai camminato, sofferto e faticato per oltrepassare le vette del Cebreiro e della Croce di Ferro, se non hai patito il caldo e la sete nel deserto castigliano per poi arrugginirti nella fredda pioggia galiziana, non puoi capire la soddisfazione di arrivare a toccare la Cattedrale, di sentirti vincitore di una gara con te stesso, di provare le medesime sensazioni di un pellegrino medievale.

Santiago poi è anche carina, è città studentesca con relativa vita notturna, un panorama ed un clima scozzese che fai fatica ad immaginare in Spagna, ed il mare a poca distanza: Capo Finisterre, ideale conclusione del Camino, anche se quasi tutti terminano a Santiago. Ma è un dettaglio: città studentesche ve ne sono tante, non è questo che rende unica Santiago.

Sarebbe bello, tornando alla via Francigena, riuscire a ripristinarne gli antichi splendori, che oggi renderebbero al massimo senza i briganti e con la medicina moderna. Ma ci vorranno anni, decenni, se mai si vorrà. Ad oggi, e per molto tempo ancora, il Camino ha un fascino ed una bellezza unici.

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