giovedì 31 gennaio 2008

Visitate l'Italia prima che vada in rovina del tutto...

Giusto per iniziare bene la giornata. Ma il bello è che il suo elettorato si impettisce e dice piccato Visto? Mica era colpevole! Che poi la scelta era tra la prescrizione e l'assoluzione perché l'imputato, a processo in corso, ha stabilito che non è più reato (ps: negli USA ti fai 25 anni di galera).

E' questa ignoranza che mi fa incazzare, così come il Ministro della Giustizia che dice che non crede alla giustizia, ma fa notizia perché legge una poesia (che non era manco di Neruda oltretutto, ma tanto è uguale).

Fantastico il nostro paese (con la minuscola, ci mancherebbe!).

Stranieri, venite in Italia, prima che affoghiamo con la baracca e tutto. Forse, attendendo un po', qualcuno finalmente cementificherà anche il centro storico di Roma. Si può? Non si può? E chi se ne frega: mica si va più in carcere in Italia.

A meno che non ti fai una canna, o non coltivi marijuana come Aldo Bianzino. Per il qual caso può anche esserci la pena di morte, altro che moratorie.

martedì 29 gennaio 2008

Della naturale superiorità di Trentino e Romagna nel turismo

Continua la serie di vecchi articoli che sto inserendo nel blog. Questo, di sapore più turistico, è stato scritto a fine agosto 2004, giusto per comprendere i riferimenti temporali. I corsivi, come sempre, sono aggiunte odierne.

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Torno proprio oggi da un giro in Trentino (che conosco ed ho già visto diverse volte) ed in Romagna, dalle parti di Rimini. Entrambe le regioni sono ai vertici del turismo italiano (che, giova ricordarlo, per ora è al quarto posto nel mondo, dopo Francia, Usa e Spagna, e presto verrà naturalmente scavalcato dalla Cina); incuriosisce vedere cosa ci sia di comune e cosa di diverso.

Il Trentino (- Alto Adige) ha una posizione geografica che lo rende (assieme al Lago di Garda) prima meta turistica italiana di tedeschi e austriaci (l'Autostrada passa di lì). Ma non basta. E' un posto bellissimo. E con ciò? Forse che l'Italia non ne è piena? No. Il fatto è che in Trentino Alto Adige, ogni albergo ha un comfort di fronte al quale le strutture medie italiane impallidiscono: sauna, piscina, idromassaggi, terme, che se ti piove per una settimana, quasi non te ne accorgi. E i sentieri, pulitissimi, attrezzatissimi, segnalatissimi? Miraggio per gli altri.

Così come la cortesia e l'accoglienza, che caratterizzano soprattutto la Romagna. Il Trentino Alto Adige, almeno, qualcosa di bello lo ha. Cosa ha di bello la Romagna? Il mare? Ma vogliamo scherzare? Marrone ovunque. La sabbia? Ma quando mai! La posizione geografica? E sì che per arrivare a Rimini ce n'è di strada, si fa molto prima ad andare in Liguria, in Veneto, addirittura in Toscana, che di là le spiagge sono più belle. Il cibo? Non meglio di tanti altri... I vini? Ce ne son di buoni, ma i romagnoli stanno ancora scontando la cattiva fama di contraffattori di vini. Il paesaggio? Piatto come una tavola.

No. Il fatto è che la Romagna ha i romagnoli. Ospitali, si sanno divertire, hanno un senso imprenditoriale come pochi, sono animatori nati. Che capiscono il valore delle cose a lungo termine. In Romagna, dal nulla è stata creata una florida economia. C'è gente abituata da sempre ad andare a dormire in garage d'estate, perché arrivano i bagnanti. Che ha capito che il bello di una vacanza, più che i posti, sono le persone e le amicizie che si fanno. Da lì nasce tutto: le case in affitto, poi gli alberghi, poi le balere, poi le discoteche, e poi i parchi di divertimento. E vale per tutti: giovani, vecchi, bambini.

Piccolo interrogativo: quando impareranno, gli albergatori delle Marche (parlo di questi perché li conosco), a fare come i romagnoli, ed imparare che il cliente cullato e soddisfatto, è anche il cliente che ritorna?

L'Archiginnasio, orgoglio intimo di Bologna

In un recente post raccontavo di Piazza Maggiore anima bolognese, luogo preferito, la piazza da vedere, non perché più bella (ché Piazza Santo Stefano la supera), ma perché è La Piazza: quando accade qualcosa, in città, qualcosa di importante, accade lì. Santo Stefano è il set di Romano Prodi, Piazza Maggiore è il confronto tra la politica di Palazzo d'Accursio, il Duomo di San Petronio, il mercato di via Clavature appena defilato e la cultura dell'Archiginnasio poco oltre il portico del Pavaglione.

Se via Clavature col suo mercato è facile da trovare, e si impone ai sensi come una sciabolata di colori, voci, suoni e profumi, l'Archiginnasio è l'orgoglio della città, qualcosa di intimo, quasi da nascondere. Simbolo assoluto della cultura bolognese, e quindi della storia, e quindi dell'economia e della cucina, l'Archiginnasio è l'essenza di Bologna sublimata nell'eleganza più pura.

Per capire cos'è Bologna si deve prima arrivare in Piazza Maggiore, poi di corsa NON al mercato, ma all'Archiginnasio, in Piazza Galvani, il privé di Piazza Maggiore. Sembrerà strano, ma sono relativamente pochi i bolognesi che hanno visitato il luogo che segna l'importanza (e la ricchezza) della propria città. Ma forse questo accade ovunque, quanti romani hanno visto i Musei Vaticani, e quanti fiorentini gli Uffizi?

L'Archiginnasio, dal nome classicheggiante, è il primo "politecnico" sorto in Europa. Verso il Cinquecento, essendo le facoltà sparse per tutta la città, si decise di riunirle in un'unica sede. Fu così che Artisti ma soprattutto Legisti e Medici si ritrovarono a condividere lo stesso ambiente, dividendosi tra la Sala Lettura della Biblioteca (Aula Magna degli Artisti), la Sala dello Stabat Mater (per i Legisti), e soprattutto il Teatro Anatomico (per i Medici).

Seconda città papalina, intrisa di Chiese, Bologna fu la prima ad avere l'autorizzazione allo studio dei cadaveri, pur con ampie riserve clericali (simboleggiate dalla finestra dell'Inquisitore di fronte alla cattedra). Forse sarebbe stato meglio far come a Padova, in cui il tavolo veniva ribaltato ed il cadavere gettato nel fiume. Ma sotto questo edificio non ci sono fiumi, e poi troppa era la vicinanza ai centri di potere ecclesiastico. Resta il fatto che il Teatro, con i suoi intarsi, i cassettoni e le statue interamente in legno (praticamente tutte ricostruite dopo il bombardamento di sessantaquattro anni fa esatti) è uno dei templi della medicina italiana, di cui Bologna rappresenta senza dubbio centro di eccellenza.

Foto del teatro anatomico dell'Archiginnasio
Basterebbe già questo, eppure l'Archiginnasio è qualcosa di ulteriore. E' incredibile quanti stemmi punteggino i loggiati del cortile, fitti fitti, colorati, alcuni grandi, altri piccoli, di studenti provenienti da tutta Europa, uno addirittura dalle Americhe. Faentini, ravennati, lusitani e tedeschi, milanesi, torinesi e forlivesi, è un arcobaleno di città e colori che indica come nella ricchezza più che nella cultura (che in passato peraltro erano sinonimi, visto che studiare per i ricchi) non esistano confini politici.

Ecco: è in questo cortile la vera essenza di Bologna: il miscuglio, l'incrocio di città, paesi, tradizioni che ha fatto dell'antica Felsina il nodo nevralgico d'Italia. Solo grazie a questo Bologna diventa la capitale della gastronomia italiana. Titolo che - ahimé - ha perso da tempo nella ristorazione, ma che mantiene saldamente nello splendore di via Clavature: esistono splendidi mercati coperti (anche Bologna in Via Ugo Bassi ne ha uno di ottima fattura), ma poche città possono vantare un tripudio artistico di colori, profumi ed esposizioni, all'aperto e a due passi dalla piazza principale, come il quadrilatero tra via Clavature e via Pescherie Vecchie, vero cuore pulsante del sabato pomeriggio.

A Bologna lo shopping di classe è questo, altro che i vestiti in Galleria Cavour. La moda lasciamola alle grandi piazze, lasciamola a via Montenapoleone e a via Condotti: Bologna la Grassa, la vera Bologna, quella della mortadella, abita qui.

venerdì 25 gennaio 2008

Il Minimetro di Perugia: ma a voi piace?

Non so, non riesco a spiegarmi una cosa. Leggo del minimetro di Perugia, e vado a vedere alcune foto.

Mah, a me sembra brutto (e non solo a me, a quanto vedo). Mi pare la classica monorotaia, quindi brutta per definizione: basta pensare a Seattle o Sydney. E' come avere un garage in cucina. I vagoni passano ad altezza finestre, vista cesso, svelando più il brutto che il bello delle città. Dalle foto sembra l'orribile bretella di Roma, che Paolo Villaggio non a caso battezzò nella scena dell'autobus preso al volo da Fantozzi.

Oltre che brutte, poi, le monorotaie sono inutili. Passata l'euforia iniziale, resta un serpentone di cemento, fisso ed immobile, visibile e panoramicamente devastante. Il contrario di un moderno sistema di mezzi di trasporto, elastico, flessibile, deviabile. Il contrario delle scale mobili per le quali Perugia ha dato scuola in Italia: sotterranee, poco invadenti, pratiche e funzionali: il centro storico accessibile parcheggiando in pianura. Credo che il minimetro sia la perfetta infrastruttura positivistica da Esposizione Universale anni cinquanta.

Peccato che quell'epoca sia passata da un pezzo.

giovedì 24 gennaio 2008

L'itinerario ragionato del nostro viaggio di nozze, per auto-organizzatori: 6 - Un giorno a Melbourne

Lasciato il deserto, partiamo da Uluru per la Polinesia, destinazione Isole Cook.

Piccolo problema: l'unica compagnia che vola a Rarotonga è l'ottima Air New Zealand. Peccato che i voli dalla costa Est decollino tutti tra mezzogiorno e le due, che da Uluru si possa partire non prima di mezzogiorno e che quindi c'è da fare uno stopover di un giorno a Sydney o Melbourne.

Si dà il caso che a Melbourne viva il mitico Davide Schiappapietra, compagno di merende dei tempi universitari, tra le risate più grasse fatte in quel periodo memorabile. Naturale fermarsi da lui, tanto più che di venerdì aperitivo e cena fuori non fanno danni. L'intenzione era quella di elemosinare un pagliericcio a casa sua, ma Davide, che ringraziamo ancora, ci offre una bellissima camera in albergo a Carlton, proprio ai margini del centro.

Curiosa la sua storia: nato e cresciuto a Brugherio, praticamente sotto la torre di Mediaset, laureato in Scienze della Comunicazione, appassionato di radio e televisione, non riesce a trovare lavoro in Italia.

Decide di cambiare aria, e la cambia davvero, tanto che dall'altra parte del mondo lo prendono alla radio nazionale (la nostra Rai, tanto per capirci), per alcuni mesi lo chiudono a doppia mandata in uno stanzino a fare corsi di impostazione vocale, corsi di dizione, lezioni di inglese per impararlo alla perfezione, gli spiegano vita morte e miracoli della radio e lo affiancano ad un team di realizzazione di una trasmissione multilingua. Uno spettacolo la redazione: ogni scrivania una nazione, Davide lavora fianco a fianco con una coreana, poco più in giù un francese, uno spagnolo, un pakistano, indiano, cinese e via dicendo.

Curiosa la storia di Davide, mica poi tanto: è la storia di tanti emigrati moderni, di tanti laureati che vanno a lavorare (e lavorano, e guadagnano!) all'estero. Cara vecchia Italia, sei sempre la Cenerentola tra le più ricche: prima della guerra i contadini, dopo la guerra i minatori, ora i laureati, tutti verso le stesse destinazioni.

Il giorno a Melbourne è forse il più intenso, non per la città, che somiglia ad altre cento, per quanto sia eccellente nei servizi: un bel lungofiume sulle rive dello Yarra river, tante etnie mescolate insieme, il sindaco di Hong Kong, un sistema di trasporti efficientissimo, il circuito di Formula Uno in pieno centro.

E' intenso per le emozioni, le storie da conoscere, le immagini viste. Gli studi radio che ci mostra Davide sono interessantissimi, non ne avevamo mai visti. Addirittura Francesca registra una base di apertura, che lui perfeziona col mixer. Il suo corner in redazione sembra la camera di un adolescente: poster del Milan, adesivi, segnalibri ovunque, post-it, computer sempre acceso, appunti sparsi un po' ovunque.

E' sempre lui: puoi spostarlo in capo al mondo, ma la sua fede milanista è incrollabile, anche se deve alzarsi alle sei di lunedì mattina per vedere il posticipo!

Già, è sempre lui, e la serata scorre via divertente, piena di aneddoti, racconti, macchiette che la sua indole curiosa e vivace partorisce in continuazione.

Mancava a questo viaggio un tassello: di solito, quando vado all'estero, capito sempre nelle comunità italiane. E' accaduto a Londra - quando sono andato a trovare mia zia - accadde a Toronto per analoghi motivi, e a Vancouver per vedere la partita degli Europei 2000. Nello stesso periodo, ad Eindhoven per lavoro dovevo intervistare i tifosi italiani per Italia-Svezia: ce ne fosse stato uno che vivesse in Italia. Colonia, Belgio, addirittura Brisbane!, tutti felici di sentirsi finalmente italiani fra italiani. Ad Atene invece la comunità l'avevamo creata noi vacanzieri, festeggiando la vittoria del Mondiale sotto l'Ambasciata Francese non blindata, uno dei pochi vantaggi di trovarsi all'estero in un momento simile.

La lacuna si colma presto, nel dopo cena, anche perché Davide vive lì. A Carlton, che Sonego quarant'anni fa dipinse alla grande nel suo Diario Australiano, bar ristoranti e locali ambigui fanno a gara nello sfoggio di tutta la simbologia italica: Ferrari Nazionale Milan Pizza Pavarotti Cannavari e Pulcinelle debordano dalle vetrine. Ragazzotti che bevono ad alta voce, incollanati come i più retrò dei tamarri, fanno tenerezza. Parlano quell'italiano di una volta, quel dialetto che non c'è più. A volte non lo parlano neanche più l'italiano, ma vedessi come tifano quando c'è la nazionale.

Immagino la faccia dei tanti Alberto Sordi che all'epoca, quando divertimenti e donne scarseggiavano, andavano alla Casa dell'Emigrante rivaleggiando per elemosinare appuntamenti con due o tre cessi da competizione: "Ma che le uimmene so solo queste? Tre, pelose, e pure presuntuose!".

Salutiamo Davide, che a marzo tornerà in Italia per qualche mese, prima di decidere se rimanere a vivere laggiù for good. E' logico che voglia pensarci attentamente: va bene la modernità, va bene i trasporti efficienti, va bene anche Internet e le chat; ma l'Australia è sempre laggiù, a ventisette ore di viaggio e tanti soldi di aereo. Forse è uno dei pochi posti rimasti in cui davvero partire è un po' morire.

(continua con la Polinesia...)

martedì 22 gennaio 2008

Alla ricerca di qualche agenzia di viaggi italiana che "parli" in rete.

Dice ok, spari sempre sulle agenzie di viaggio, ma non puoi fare di tutta l'erba un fascio, non è corretto...

E' vero, chiariamo i punti ambigui. Non odio le agenzie di viaggio, anzi, quelle le amo da morire. Il problema vero è che purtroppo le agenzie di "viaggio" sono pochissime. Molto, moltissimo, è - per ragioni del tutto condivisibili - un polpettone da supermercato turistico.

Accade per diversi settori, tipo l'abbigliamento: nei centri commerciali i vestiti fanno schifo e costano un botto, per trovare negozi validi in cui riesci a comprare bene senza accendere mutui per capi di buona qualità devi girare con una bacchetta da rabdomante. Perché? Perché gli ostacoli oggi sono molti, ma soprattutto a saper far bene il proprio lavoro sono davvero in pochi.

Idem per le agenzie, non solo italiane, come ho avuto modo di constatare.

Oggi giravo un po' in rete, alla (disperata) ricerca di qualche blog interessante di agenzie di viaggi. Ho guardato un po' su technorati, per ora niente di rilevante. Siti e blog anche belli nella grafica, ma senz'anima. Informazioni in stile da catalogo, poco o nulla delle persone che ci lavorano dentro, commenti inesistenti quando non finti (ma il Fabio di Gattinoni si fa dieci vacanze l'anno o è l'autore del blog?), forum deserti che a quel punto andrebbero tolti.

Mi pare che finora i maggiori risultati li abbia colti chi è andato a spulciarsi i forum "veri", già esistenti in rete, dando commenti, suggerimenti e disponibilità all'acquisto.

Ovviamente, attendo segnalazioni di agenzie con blog o sito valido. Non vedo l'ora!

lunedì 21 gennaio 2008

L'itinerario ragionato del nostro viaggio di nozze, per auto-organizzatori: 4 - il Top End

Qui le puntate precedenti:
Prima parte, Sydney.
Seconda parte, le Great Ocean Road.
Terza parte, Kangaroo Island.

Arriviamo a Darwin da Kangaroo Island via Adelaide venerdì 19 ottobre verso le due di notte. Alcune ore dopo avremo il tour di quattro giorni nel Top-End: tra Kakadu, Katherine Gorge e Litchfield ci spareremo più di mille chilometri, inevitabile ricorrere ad un tour guidato (in senso proprio: voce del verbo "guidare"). Lo abbiamo prenotato presso un'agenzia viaggi di Sydney: ci hanno garantito che sono ben informati ed equipaggiati per i pasti senza glutine.

Alla decisione concorre il fattore caldo: non so bene come affrontare i rischi della calura per il cibo (che dovremo portarci sempre dietro, soprattutto pane e verdure, visto che mia moglie è celiaca), né su cosa far riferimento per il rischio disidratazione, cioè con che frequenza ci sono i distributori e i punti di ristoro, che strade conviene fare ecc.

A posteriori, mi convinco che un viaggio del genere è invece alla portata di chiunque abbia un minimo di sale in zucca: Rovigo d'estate è molto più disidratante di qualsiasi posto visitato in Australia ad ottobre. Il vero problema, risolvibile con un'auto dal bagagliaio capiente, è la scarsa frequenza - ma neanche troppo - di punti d'appoggio. E' sufficiente fare un'abbondante spesa di cibarie il meno raffinate possibile, munirsi di un contenitore tipo vasca di plastica, dove riporre il cibo accanto a blocchi di ghiaccio in busta che vengono venduti ovunque. Meglio lasciare l'auto all'ombra in modo da evitare il caldo eccessivo, considerato che trenta gradi li fa sempre, sia di giorno che di notte, quando la temperatura scende sì e no di cinque gradi.

Del senno di poi son pien le fosse, ma ahimé capitiamo proprio in mani sbagliate. La guida - tale John Grant, un tasmaniano schizofrenico e sfasato - è disastrosa. Conosce poco o nulla dei posti che visitiamo (neanche dove fosse la croce del sud, che peraltro ad ottobre - scopriremo poi - è solo parzialmente visibile) e la mette sempre sullo pseudo-filosofico. Ma soprattutto, la sensibilità mostrata verso l'intolleranza al glutine di mia moglie è stata di segno addirittura negativo, con battute continue di pessimo gusto e completa ignoranza e indisponenza nei nostri confronti. Il che, da uno che deve anche prepararti pranzo e cena, è ovviamente imperdonabile.

Superfluo dilungarsi sui posti, inevitabilmente bellissimi, che alleviano di molto il disagio: qualsiasi descrizione con foto potete trovarvela ovunque in rete. Il punto è un altro: come sempre, non appena ci siamo affidati a un'agenzia, abbiamo toppato.

E' inutile, gente: se parlate un minimo di inglese, lasciate perdere qualunque velleità del tipo "così risparmio tempo" o "pensano a tutto loro". Di agenzie di viaggi così ne esistono pochissime, che giustamente costano. Il tour con Safari Connection, ovviamente acquistato tramite agenzia, ed ovviamente operato dalla controllata del mega-tour operator APT (Asian Pacific Touring) ha fatto tecnicamente cacare.

Ovvio che non ci sia modo per ottenere alcun rimborso, neanche se l'ultima notte dormi con rane ovunque, bagni fatiscienti e camere che se venisse l'Asl di Napoli le farebbe chiudere all'istante. Neanche se una guida del genere l'ultima sera, dopo essergli stati dietro come ad un bambino (e per fortuna che in Australia c'è una legge seria sugli allergeni compreso il glutine, altro che la baraonda di casa nostra!), ti mette la salsa alla soia con amido di frumento sul risotto quasi di nascosto, e tu resisti all'impulso più che umano di metterci anche lui dentro quel risotto.

Questo per raccontarvi l'esperienza passata nel Top-End, nonostante la bellezza inopinabile dei posti. Ovviamente, le uniche note organizzative che si distinguono sono quelle preparate da noi: l'Hotel dell'aeroporto di Darwin è ampiamente tra i migliori mai visti, nessun rumore, pulitissimo, elegante, con una piscina che da sola basterebbe a giustificarne la permanenza. Tre minuti e sei a letto, recita il claim nei pullmini navetta. In realtà ce ne vogliono sette.

Dopo Darwin, mi sono definitivamente convinto che i viaggi è meglio organizzarseli da soli, affidandosi - spendendo, sì, ma meritano - ai piccoli tour operator locali, gestiti da gente del posto, che quei luoghi deve per forza amarli per portartici in viaggio.

Ad ogni modo, valanghe di bagni nelle piscine naturali, vegetazione lussureggiante e l'impressione di vedere in che stato sono ridotti gli aborigeni: spesso ubriachi, sguardo assente se non carico di odio (a ragione, visto tutto quel che è stato fatto loro dall'uomo bianco). Questo soprattutto è ciò che ci portiamo come souvenir dal Top End.

Ora, martedì 23 ottobre 2007, il viaggio continua nel deserto...

venerdì 18 gennaio 2008

Girando in rete per trovare notizie di una zona: suggerimenti

Navigando navigando, vedo che Punto Informatico mette Saporetipico.it tra i siti per navigare. Ora, per quanto sia allergico al termine tipico, che oramai ha soppiantato alla grande il pittoresco di Montesano, la curiosità e l'autorevolezza che riconosco a Punto Informatico mi spingono alla visita.

Che dire? Accattivante e semplice la grafica, ma c'è una grossa pecca, a mio avviso: manca l'anima. Cosa pensano, cosa fanno, chi sono gli autori di questo sito? Che facce hanno? Non per farsi gli affari loro, ma almeno vedere una direzione, un'opinione.

I Vincisgrassi riportati così, tra le mille versioni e ricette opinabili (questa mi pare che metta un fottìo di burro e pochissimo olio), li trovo ovunque su Google: se a loro piacciano o meno, se ci mettano più olio e meno burro, se le rigaglie siano troppe o poche per i loro gusti, non lo so.

Comunque, un sito utile per prendere i punti di riferimento: cosa c'è, cosa non c'è in una regione anziché un'altra. E da lì, muoversi altrove.

giovedì 17 gennaio 2008

Piazza Grande, l'anima di Bologna

Esistono nomi, simboli, luoghi che identificano subito una città. Sotto il Cupolone, all'ombra delle Due Torri, dalle parti del Conero, sotto il Vesuvio, in riva all'Arno, sotto la Mole, dalla Madunina, alla luce della Lanterna (più o meno...).

Altri, invece, ne indicano l'anima. Per Bologna il simbolo sono le Due Torri, ma l'anima è Piazza Maggiore, conosciuta anche come Piazza Grande, resa celebre da una canzone di Lucio Dalla, che racconta la storia di un barbone, un senzatetto, la cui casa è appunto Piazza Grande. E spesso, girando per strada a Bologna, vi troverete qualcuno dall'aspetto un po' trasandato a vendervi un giornale chiamato proprio "Piazza Grande". Lo acquista in conto vendita dall'Associazione, a 50 centesimi la copia. Quello che guadagna è suo.

L'Associazione Amici di Piazza Grande aiuta i senza tetto di Bologna nei delicati aspetti della loro vita, da quelli immediati (cibo e ricovero) a quelli meno intuitivi. Oltre al lavoro, infatti, chi di voi sa che costoro spesso non hanno residenza, poiché "senza fissa dimora"? Serve dunque un aiuto legale per dare concretezza ai diritti più elementari.

E così, da Piazza Grande parte un'iniziativa straordinaria, che in un paio d'anni ha coinvolto quasi tutta Italia: diversi avvocati mettono a disposizione un'ora o due al mese del proprio lavoro per assistere gratuitamente i senza tetto. Considerato il numero di avvocati in ogni città, ci vuol poco a far nascere lo sportello Avvocati di Strada, così che anche i senza tetto, gli ultimi per definizione, possano avere uno straccio di consulenza legale.

Addirittura, Piazza Grande è sopravvissuta ad un incendio che l'aveva quasi condannata: strinse i denti, cercò nuovi locali, ed alla fine cambiò sede, ma riaprì tutti i laboratori che peraltro davano lavoro a diversi senzatetto.

Girare per le strade di una città è più bello conoscendone l'anima. Perciò, vedendo Piazza Grande, i suoi senzatetto e i suoi giornali, girando per Bologna, anziché una nota di fastidio magari vi uscirà un sorriso.

lunedì 14 gennaio 2008

Il Salice Blu, a Bellagio: il miglior ristorante gluten-free mai provato

Tra le mille buone intenzioni (del 2008, del blog, della mia vita, ecc.) c'è anche quella di recensire tutti i ristoranti senza glutine provati sinora.

Eh già, perché se di recensioni su ristoranti abbonda la rete, per il senza glutine il materiale scarseggia, per due ordini di motivi:

1) è talmente difficile trovare un ristorante che cucini effettivamente senza glutine, che qualsiasi posto si trovi va già bene per definizione: la qual cosa non è propriamente vera, ma sfido voi a dover essere condizionati, in ogni viaggio, anche solo per un weekend, dalla scelta di posti informati, se non altro per stare tranquilli e rilassarvi senza stare male.

2) dal primo motivo, discende spesso che il celiaco si trovi ad accontentarsi di quel che passa il convento: vada per quel che c'è, ma molto di frequente si rinuncia al gusto. Parliamoci chiaro: il pane gluten-free fa schifo (a parte quello di mia suocera cotto nel forno a legna), poi che uno se lo faccia piacere è un altro discorso.

E' consolante, e non poco, che i ristoranti informati si collochino in una fascia di ristorazione generalmente migliore della squallida media da spaghetti con gusci di cozze e vongole spacciati per "spaghetti allo scoglio". E' già molto, ma non mi basta. Siccome quando vado a pranzo fuori con mia moglie - che è celiaca - voglio che ci troviamo bene entrambi, intendo condividere le eccellenze per il senza glutine.

Questo a pro sia dei celiaci, sia di chi si è svegliato e ha deciso di organizzarsi e fare una cucina per tutti.

Per cominciare in bellezza, dunque, partiamo dal Salice Blu, a Bellagio, chef Luigi Gandola.
Luigi vanta sette anni da turnante al Villa d'Este di Cernobbio, dove s'è imparato tutti i trucchi del mestiere. Da due anni è tornato al ristorante di famiglia, che ha riconvertito da discoteca per ragazzetti degli anni Settanta e Ottanta a ristorante emergente. A parer mio, fra qualche anno di Luigi ne sentiremo parlare.

Noi abbiamo avuto il piacere di sentirlo parlare dal vivo, e vi giuro che ci staresti delle ore. A sentire esperienze e curriculum, gli daresti trent'anni, e invece non ne ha neanche venticinque. Contrariamente alla stragrande maggioranza dei ristoranti informati, non ha parenti celiaci: la "molla" per la virata verso il senza glutine è stato un pranzo con un'amica della sorella, che celiaca si era portata tutto da casa.

Ci ha pensato un po' e poi si è detto: ma pensa, io sono chef, premiato in giro per l'Italia, faccio le Olimpiadi di cucina, e non sono in grado di accontentare una persona allergica al glutine...

Così, ha deciso: via dalla cucina (a vista, peraltro) tutta la farina ed i prodotti impanati, che vengono trattati in una saletta a parte: per le impanature utilizza un'ottima farina di riso, così non ha alcun rischio di contaminazione, né impoverisce i piatti "ordinari".

Insomma, è stato tutto un tripudio della vera cucina senza glutine: non quella dei succedanei chimici, ma ingredienti naturalmente privi: mais, formaggio, patate, ecc.

Intanto, al posto del pane alcuni grissini di grano saraceno e lievissimi "ostie" di parmigiano (spazzolate a più riprese).
Antipasti molto piacevoli al pesce di lago, in diverse lavorazioni.
Ma la menzione speciale va agli strepitosi Ravioli, che stiamo tentando di replicare nella nostra umile cucina di casa. Da un impasto di patate e polenta, Luigi è riuscito ad ottenere una consistenza piacevolissima, morbida ma non appiccicosa, che dà ai ravioli una forma ben definita; il ripieno di pesce di lago ha poi fatto la differenza.

Ottimo tutto il pranzo, compresi gli gnocchi alla zucca che ho mangiato io. Ma quei ravioli (che ovviamente ho assaggiato) erano speciali...

Perciò, se vi trovate a Bellagio, celiaci o no, un salto al Salice Blu dovete farlo. E' un po' fuori dal paese, ma vi assicuro che - specie in località turistiche come quella - merita una deviazione.

Ultimo cenno, al conto: secondo me, abbiamo pagato il giusto. E' uno di quei ristoranti in cui ti metti seduto e ordini, ti rilassi, perché il conto non ti riserva amare sorprese. Come puntualmente è stato. Quando mi alzo più che sazio, ho bevuto benissimo, mangiato ancor meglio, mi sono state presentate autentiche opere d'arte, nella presentazione e nella realizzazione, e l'intolleranza al glutine non faceva alcuna differenza nella piacevolezza del pasto, quaranta euro li pago ben volentieri.

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RISTORANTE SALICE BLU,
Via per Lecco 33,
Bellagio, 22021, Italy.
Telefono:+39 (031) 950535

Riferimento per il senza glutine: Luigi Gandola, chef.

martedì 8 gennaio 2008

Di ritorno da quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...

Tornati domenica da un weekend freddo ma intensamente divertente nella sponda ovest del lago di Como (quindi dovrei dire nel lago di Lecco, dati i campanilismi molto vivi da queste parti tra i due rami).

Soggiornato a Bellano, dove tra il 5 e il 6 gennaio si svolge la festa della Pesa Vegia, una rievocazione tra le migliori cui abbia mai assistito, anche perché legata alle celebrazioni dell'Epifania, quindi non artificialmente ricreata negli anni Novanta. Addirittura, se ne parla in diversi giornali di fine Ottocento, indicando come origine della festa il decreto di ripristino della vecchia unità di misura in luogo della nuova che creava troppi problemi a bellanesi e paesi limitrofi.

Sono storie antiche che parlano di lago, di pesca ormai purtroppo relegata a nicchie di aficionados e presìdi - ma lavarelli, missoltini e gamberi meritano assai; di luoghi tutti protesi verso un'acqua non tempestosa e salata, ma placida e misteriosa. Sponde visibili e concretamente coinvolte in dispute e fazioni, non sognate e fantasticate da cantanti e innamorati "al di là del mare". Insomma, il lago, questo lago, i nostri italici laghi, sono qualcosa di unico, ben diverso dai Grandi laghi americani, tutt'altra dimensione, tutt'altra impronta dell'uomo. E queste cime inuguali (come si fa a non saccheggiare Manzoni a piene mani?) coperte dalla neve di inizio anno, a strapiombo sul lago, con le case aggrappate ai pendii e le stradine scippate a Isacco Newton rendono il paesaggio di irripetibile bellezza.

Sono convinto che se il turismo nei laghi fosse esploso negli anni Sessanta, anziché gioielli di eleganza ci troveremmo ecomostri ed obbrobri in perfetto stile Riviera Adriatica: per fortuna, la vicinanza a Milano e al nord Italia in generale ha fatto sì che fiorissero ai primi del Novecento, vale a dire l'ultima epoca in cui l'architettura italiana ha prodotto qualcosa di accettabile nelle località vacanziere. Dopodiché, saranno Ostia, Fregene, Milano Marittima e Riccione...

La sensazione provata a Varenna o a Bellagio in un sabato freddo e piovoso è la stessa che puoi avere a Rimini d'inverno, pensando ad Amarcord: l'eleganza del Grand Hotel è simile, il borgo intatto (almeno in centro) ed il silenzio irreale hanno quella romanticità che solo i veri cultori dell'acqua (mare o lago che sia) possono apprezzare fino in fondo.

Purtroppo, credo che almeno per Bellagio ci sia l'effetto Sirmione-Capri-Taormina: posto stupendo ma completamente iper-turistizzato, tanto da sperare in un diluvio che purifichi il paesaggio da cocci e infradito.

E domenica, a coronamento, un magnifico risveglio con un cielo luminoso e limpido, le montagne innevate su fino in Svizzera, il sole che accende Pescarenico ed un superbo tramonto sui laghi della Brianza dal Monte Barro.

Cos'altro dire, oltre a rimettersi a leggere il Manzoni, che da queste parti ha trascorso la giovinezza, dando vita ad un romanzo che purtroppo solo pochi insegnanti sanno farti apprezzare?

Ah, beh, certo, dove ho dormito e dove ho mangiato... ma a questo dovrò dedicare un altro nutrito post.