lunedì 1 dicembre 2008

Ma per quale motivo al mondo per vedere il prontuario online per celiaci bisogna registrarsi?

Questa non la capisco proprio. Lascio passare, mi registro, non ci vuole poi molto, e accedo.

Ma... sono di corsa, per fortuna ho sotto mano una postazione pubblica, non ricordo se un cioccolatino è permesso o meno, vado sul sito AIC > Prontuario online... maledizione, e chi se la ricorda la password?

Poi chiamo un amico, dal quale sarò a cena sabato sera, mi chiede un'informazione sulla mortadella, va sul prontuario, perde dieci minuti a registrarsi... e mi stava facendo un favore :-(

Mi chiedo: ci sono dati così segreti su quel Prontuario online, che in teoria non dovrebbe neanche esistere, dato che dovrebbe esserci già una legge a fare le sue funzioni? O invece dati che possono servire a chiunque?

Cos'è, serve la registrazione per vedere quanta gente consulta il prontuario? Non è sufficiente un contatore?

Per fortuna, però, che c'è il prontuario mobile: quello sì, per chi gira, una gran cosa. Migliorabile, un po' macchinosetto, ma il suo lo fa. Potete scaricarlo sul sito AIC, e col cellulare trovate tutto. Anche lì, tuttavia, serve la registrazione, solo che una volta identificati col cellulare, l'accesso è automatico.

venerdì 28 novembre 2008

Stiamo insegnando ai nostri figli cose che fra poco saranno obsolete

In questo video, tanto dello spirito che dovrebbe animare la discussione sulla scuola: "Tanti dei problemi che domani i nostri figli affronteranno, oggi non li riconosciamo neanche come tali"...

Via Pandemia.

martedì 25 novembre 2008

Eataly in apertura a Bologna: prima...

Il 5 dicembre apre Eataly, in collaborazione con la Coop (e già qui...), in centro a Bologna (per capirci, dove gli affitti costano un'iradiddio).

Cito testualmente (parentesi mie):

Nei 1200 mt. quadri aperti tutti i giorni fino a mezzanotte, troveranno posto: una libreria con 85mila volumi (dunque la metà di quanti ne ha la Sala Borsa, in consultazione e prestito gratuito, un centinaio di metri più in là), un caffè (di cui sentivamo ardentemente la mancanza), una gastronomia da asporto, un'enoteca-birreria e aree per eventi.

Ecco, le ultime tre mi incuriosiscono: la prima dovrà cercare di dare qualcosa di buono a prezzi non da boutique; la seconda idem, e dovrà cercare di far meglio dell'ottima Tana del Luppolo, in posizione mille volte più comoda e pratica per chi non abita in centro (cioè il 90% dei bolognesi); la terza staremo a vedere.

Naturalmente, immagino che il senza glutine sarà chiaramente indicato e disponibile. No, sono amaramente ironico: non ci spero neanche, perché lo stato del food in Italia è - come si discosta da un certo artigianale - a livelli penosi.

Questo, naturalmente, il prima, e dunque imbottito di pregiudizi e luoghi comuni ... a dicembre posterò il dopo...

Ps: speriamo che l'affitto che pagherà Eataly in centro a Bologna sia a prezzi di mercato. Sennò non vale...

domenica 23 novembre 2008

Dritte fondamentali per viaggiare gluten-free

Prendo spunto dalla mail che ho appena spedito con i suggerimenti per un viaggio a Londra da parte di una conoscente, per dare un po' di dritte a chi magari non è molto abituato a viaggiare, e ha paura di farlo a causa della celiachia.

Innanzitutto, una buona notizia: dei paesi occidentali, forse l'Italia è quello in cui si fa più fatica a mangiare senza glutine se non si conosce la lingua. Pertanto, riteniamoci fortunati che la lingua la parliamo e conosciamo tutto il meccanismo di prontuari e cose varie.

Dico "forse", perché non sono ancora stato in Francia e Spagna in modalità gluten-free.

Ad ogni modo, i suggerimenti di base sono:

1) farsi una ricerca su google con scritto "coeliac society" e il nome del paese (uk, australia, ...): purtroppo o per fortuna, i celiaci sono ovunque ed ovunque si debbono organizzare per vivere bene;

2) trovato il sito dell'associazione o qualche celiaco che vive nel paese di riferimento, mandare una mail e farsi dare i suggerimenti specifici (se non sapete la lingua, fatevi aiutare da un amico: sapere almeno un po' di inglese comunque aiuta);

3) stamparsi la scheda gluten-free nella lingua del luogo(da esibire al ristoratore);

4) per dormire, cercare soluzioni con angolo cottura (campeggio e fornelletto al seguito, camper, b&b con cucina spaziosa utilizzabile, residence, camera e cucina, hotel con angolo cottura), in cui ci si possa preparare panini e un pasto caldo. Al ristorante ci si può sempre andare quando si vuole, ma almeno è una scelta e non un obbligo. Oltretutto, si mangia più sano che nei fast food. Noi lo facevamo già prima della diagnosi, perché si risparmiano un sacco di soldi :-);

5) portarsi un tostapane, oppure delle bustine per tostare il pane, oppure acquistare un tostapane in loco (normalmente, non costa più di 10 euro): è strategico nella preparazione dei panini, perché spesso il pane gluten-free va tostato;

6) abbozzare un piccolo programma di viaggio, per capire dove si andrà e se ci sono posti idonei in zona. Senza nulla togliere al viaggio "alla ventura", giusto farsi un'idea di come potersi muovere. Spesso formulare un piccolo programma aiuta a non perdere tempo, e a godersi un'esperienza migliore;

7) non dimenticate che ci sono sempre la frutta, la verdura, la carne, il pesce, le uova, i formaggi, il riso... insomma, di fame non si muore, specie se si ha il vizio di mangiare sano!

Buon viaggio e godetevi la vacanza!

venerdì 14 novembre 2008

Radiazioni nucleari e celiachia: a che punto è la ricerca? Si indaga in quella direzione?

Leggo il lungo ed interessantissimo post di Dario Bressanini de "La Scienza in Cucina", e apprendo di cose che non immaginavo neanche, e cioè del grano duro modificato con radiazioni nucleari (Dario lo spiega meglio ed in maniera più appropriata nel suo blog).

Leggo tra l'altro che "sul web c’è qualcuno che accusa il grano creso e i suoi derivati di essere responsabile dell’aumento della celiachia (intolleranza al glutine) degli ultimi decenni, ma da quello che ne so sono accuse prive di fondamento e non supportate da ricerche scientifiche".

In effetti, girando un po' per la rete mi imbatto in quest'altro sito, che pure accenna al problema.

A questo punto, è lecito chiedersi (ed ovviamente, lo faccio): esistono studi in merito? O non c'è supporto perché non c'è studio in questa direzione?

UPDATE (18 novembre 2008): mi accorgo che Letizia Saturni ne ha parlato quasi due anni fa. Purtroppo, però, non sembrano ancora esserci ricerche in quella direzione, mentre (ironicamente, aggiungo) si cerca di produrre un grano de-tossificato...

--------------------------

Altri riferimenti:

- I celiaci mangiano sano?

- L'articolo su Celiachia blog

martedì 11 novembre 2008

Sui bed and breakfast gluten-free: alcune considerazioni

Il titolo del post non porti a pensare che stia muovendo critiche a chi si offre di proporre servizi senza glutine. A loro va la mia (nostra) gratitudine e riconoscimento di assumersi responsabilità non da poco.

Prendo spunto dal commento di Louis (Le Ben) sul pane senza glutine per fare alcune considerazioni sui b&b gluten-free. Con mia moglie possiamo dire di aver viaggiato abbastanza in modalità no-gluten (come si intuisce dalle recensioni nella relativa categoria). Tutto sommato, ci siamo resi conto che nei b&b la cosa più importante è la disponibilità del gestore e come è strutturato l'esercizio.

Ovviamente il b&b idoneo è da preferirsi, ma anche uno "ordinario" va bene, purché il gestore sia disponibile ad alcune accortezze. Spesso, infatti, il b&b è in un appartamentino indipendente dalla casa del gestore, dotato di una piccola cucina, stoviglie, frigorifero e congelatore. Pertanto, anche non serva colazioni senza glutine, uno si porta dietro il cibo e se la prepara. In ogni caso, la nutella monoporzione (presente in tutti i b&b) è idonea, le marmellate monoporzione quasi sempre lo sono (ma io personalmente preferisco portarmi quella di mia suocera, anni luce migliore), il the in bustine è ok, vi portate un pacchetto di biscotti e/o di gallette e tutto sommato avete risolto.

Esistesse anche un pane in cassetta decente disponibile in Italia, potreste portarvi dietro un piccolo tostapane. Alternativamente, esistono in commercio delle bustine in cui infilare il proprio pane gluten-free per tostarlo ovunque senza contaminazioni, riducendo così l'ingombro. Al pane si rimedia anche chiedendo, se la sera siete a cena in qualche ristorante gf, di prepararvi qualche paninetto in più da farci colazione al mattino.

Insomma, come vedete, di soluzioni ve ne sono. Se non siete in b&b ma in hotel, potreste anche avere vita più facile tra yoghurt, frutta, affettati idonei e ultimamente una buona scelta di cibo gf, presente ormai in quasi tutti i quattro stelle.

Ricordate, comunque sia, di parlare sempre in anticipo col gestore: nessuno di loro sarà così scortese da scontentarvi (sarebbe anche un po' fesso, oggi che con la rete si beccherebbe uno sputtanamento sesquipedale).

Buon viaggio!

lunedì 10 novembre 2008

Girare il mondo in carrozzina da vent'anni: il centro H di Ancona

Leggo quest'articolo e posto qui. Col Centro H di Ancona sono stato a Mosca, San Pietroburgo e Alghero (nuraghi compresi!), mi sono perso l'Olanda, la Sicilia, l'Egitto, la Turchia, la Grecia, la Spagna, il Portogallo e Dio sa quanti altri. A gruppi misti, disabili e non, anziani e obiettori (quando c'erano), gente di mezz'età e bambini, ragazzi e ragazze a darsi una mano l'un l'altro, a ridere e vivere insieme l'esperienza di viaggio. Con Doge (Don Eugenio Del Bello, chi non lo conosce purtroppo si è perso qualcosa, inutile descriverlo qui) a dirigere il gruppo con carisma, discrezione e profondità. A tirare fuori la disabilità dalle case, a sbatterla in faccia alla gente, a predicare concretamente la vita senza barriere. Nel 94, in Sardegna, la vacanza più divertente, un gruppone pieno di giovani, ragazzi e ragazze, l'ideale per un diciassettenne brufoloso ed in piena tempesta ormonale. Nel 96, in Russia, quella più interessante. Dopo l'Egitto, nel 2002, anche Licia Colò si interessa a questo gruppo di sturdy visitors, che vanno a raccontarsi alle Falde del Kilimangiaro.

Nel 91, in Sicilia, quando la guida li vede sbarcare, si mette a ridere. "La Sicilia non può essere vista in sei giorni" - asserisce con supponenza - "per di più in carrozzella!". Alla partenza, la stessa guida, esausta, con la lingua di fuori ed un filo di voce: "Siete... siete peggio dei tedeschi..."

Quest'anno, 2008, il Centro H compie vent'anni. Di seguito l'articolo:

Quei venti anni dedicati ai disabili
Oltre duecento persone a Torrette per il compleanno speciale del Centro H


ANCONA - Vent’anni nel segno della solidarietà. Vent’anni dedicati, grazie all’attività di un centinaio di persone, tra soci iscritti e volontari, ai ragazzi disabili di Ancona. Circa duecento persone hanno partecipato, ieri mattina all’Hotel Sporting di Torrette, alla festa del Centro H, l’associazione di volontariato che si trova in via Mamiani, nel quartiere degli Archi. Dal lontano 1988 accoglie per due giorni a settimana i ragazzi diversamente abili insegnando loro alcuni mestieri nel campo del settore dell’artigianato artistico e tradizionale (lavori in ceramica, vetro, cartapesta) e aiutando così le loro famiglie. C’erano proprio tutti alla festa per il ventennale. Dagli ideatori del Centro H, i medici terapisti dell’Inrca, alcuni dei quali ormai in pensione, Stefano Raffaelli, Maria Grazia Secchi, Giacomo Ghetti, Antonella Boni e Loredana Ginnetti, a don Eugenio Del Bello, parroco della chiesa del Crocifisso, promotore e realizzatore di questa associazione di volontariato che oggi assiste una sessantina di utenti, tutti di età tra i 30 e i 40 anni, fornendo un valido supporto ai sette distretti socio sanitari del Comune e alle strutture residenziali del territorio. Oltre alla presidente Rita Carbonari, non mancavano le autorità. Dal sindaco Fabio Sturani all’assessore ai servizi sociali Marida Burattini per il Comune, dall’assessore ai servizi sociali Carla Virili all’assessore al bilancio Liana Maiolini per la Provincia, oltre al presidente della seconda circoscrizione Stefano Foresi. Tra gli ospiti anche l’arcivescovo Edoardo Menichelli, il giornalista di Raitre Vincenzo Varagona che dirige la rivista “Centro news”, bimestrale di informazione per orientarsi nella realtà sociale, e Giuliana Urbani, vedova di Carlo Urbani, il coraggioso medico di Casteplanio scomparso a Bangkok nel 2003 che scoprì il virus della Sars e morì dopo aver contratto la malattia. A tutti loro è andato un riconoscimento particolare realizzato dai ragazzi disabili che frequentano il laboratorio di ceramica attivato da circa venti volontari: un grande cuore in ceramica con le date del ventennale, il simbolo del Centro H e la scritta “Venti anni spesi bene”. La lunga storia dell’associazione, che in città rappresenta un punto di riferimento per l’handicap, è stata poi ripercorsa attraverso la proiezione di un dvd, realizzato per l’occasione da Lucio Cingolani. Sullo schermo sono stati rivissuti i momenti più piacevoli ed emozionanti del Centro H, dai carnevali in piazza alla consegna del pulmino per trasporto disabili donato alla onlus da Franca Rame e Dario Fo nell’anno del suo nobel. La festa è poi proseguita a pranzo, con un momento conviviale, al quale hanno partecipato circa 240 persone, compresi i tanti amici che negli anni, per motivi diversi, hanno incontrato l’esperienza del Centro H. L’associazione, oltre a promuovere corsi annuali per volontari e operatori del settore disabilità, gestisce anche uno sportello informativo, aperto dal lunedì al venerdì con orario 9-12, per rispondere a problemi pratici e burocratici legati all’handicap e offre consulenze con esperti nei settori legale, socio-sanitario, tecnico e psicologico.

mercoledì 5 novembre 2008

Il ristorante Due Spade, a Lendinara (Ro): gluten-free in una cornice romantica

Chi mi legge sa quanto mi piace il Veneto trasudante acqua da ogni dove e nelle forme più varie. In autunno questa regione è capace di regalare scorci romantici e misteriosi con quella nebbiolina che lo contraddistingue, nei paeselli attraversati da canali grazie a Dio ancora vivi e mai interrati. Lendinara, profondo Polesine, è uno di questi gioiellini: arrivati col buio, il campanile alto e illuminato, le piazze ed il canale che profumavano già di novembre. Affacciato sul canale, spiccava il finestrone con le luci e le scene di cucina delle Due Spade.

Lendinara, nella provincia di Rovigo, è il centro del senza glutine, contemplando ben due ristoranti su tre della provincia (ma diversi seguiranno a breve, il Polesine non dorme, si mette in moto solo un po' in ritardo). Ambiente arredato con gusto e con quel tocco che ne fa il posto ideale per una cena romantica, con le luci soffuse e le apparecchiate eleganti ma non pacchiane. Si presta anche a cene tra amici o piccole cerimonie, dati gli spazi comunque ampi. Parlando col proprietario, apprendo che il ristorante ha cambiato gestione diverse volte, ed è in loro possesso da un paio d'anni circa (è una nota per chi ci fosse andato prima, magari non trovandolo granché).

Per quanto riguarda la cena, estremamente gradevole e con porzioni che ti consentono di arrivare alla fine, sazio e contento: ottimo lo sformatino di zucca con gorgonzola per antipasto, buono il risotto al radicchio e noci (personalmente l'avrei mantecato di più con un pecorino o un parmigiano ben stagionato a dargli più mordente), fantastica la carne che si scioglieva in bocca, accompagnata da polenta e patate in ciotoline a parte. Per me, cresciuto a pane e basta, quella della polenta e delle patate in accompagnamento resta uno dei grossi pregi della cucina polesana, a prescindere dal glutine. Molto valido anche il pane senza glutine. La mousse al cioccolato per dolce è stata molto gradita, io non ne sono un patito quindi non la giudico. I vini in accompagnamento erano più che adeguati, così come il prezzo, 30 Euro a persona decisamente ben spesi.

Nota: eravamo con l'AIC, cena sociale (anche se saremmo stati una dozzina), pertanto non so dire se questo è un prezzo scontato od ordinario. Di sicuro l'ho trovato un prezzo equo.

Commento finale: ristorante più che valido, se si mantiene su questa linea di qualità e di prezzo diventa una meta obbligata per un celiaco e non solo.

-------------------------------------------------------

Ristorante Due Spade
Via G. B. Conti, 35 - Lendinara (RO)
persona di riferimento: Manuele Bencastro
tel.: 0425.641524
Chiusura o eventuali note: chiuso mercoledì
email: ristoranteduespade@yahoo.it

giovedì 23 ottobre 2008

Pane senza glutine: localizziamo i produttori su google maps

L'altro giorno Luigi (thanks!) commentava a proposito del pane senza glutine in Italia.

La sostanza era: non esiste un pane decente senza glutine nella grande distribuzione italiana (cioè, al supermercato o in negozi specializzati presenti su tutto il Paese). Esistono tuttavia diversi produttori artigianali, che lo fanno buono, ottimo, mangiabile, ecc.

Un esempio per tutti è Le Ben, a Trastevere, Roma. Ottimi i panini con farina di tapioca (mi pare siano quelli, Luis correggimi se leggi il post).

E gli altri? E quando uno viaggia? E il sito? E la mail?

La proposta dunque è: apriamo un file su google maps, mettiamo la mappa pubblica, chi vuole inserire nuovi recapiti di pane senza glutine si iscrive (mandando una mail a me, ed aprendo un account email su gmail, oppure mandando semplicemente l'indirizzo del produttore e quante più generalità possibili via mail a me).

Dopodiché, sarà possibile visualizzare la mappa su google maps e vedere dove sono i produttori. Utile per chi viaggia, ma anche per chi non sa che nella propria città c'è un bravo panettiere senza glutine.

Naturalmente ognuno è responsabile di quanto indica, per favore siate seri.

E per favore, mettete solo del pane mangiabile, non la plastica (che in quanto derivato del petrolio è naturalmente priva di glutine... :-( )

Farò dei costanti update in questa pagina. Intanto, avviso Letizia.

Ecco la mappa!

UPDATE: Con puntualità e precisione, Letizia Saturni mi spiega che la faccenda del pane artigianale senza glutine è un po' più complessa di quel che pensavo, e che - non è il caso di Le Ben - moltissimi non sono certificati, e teoricamente non potrebbero produrre pane senza glutine perché non perfettamente legale. Quindi non posso mettermi a pubblicizzarli.

Star qui a discutere la legislazione sui prodotti senza glutine mi pare tempo perso, pertanto rivediamo la cosa: le risorse gluten-free sulla mappa diventano solo quelle "permesse", e cioè Le Ben e quanti altri si vogliano far conoscere. Sposteremo la cosa sul versante ristorazione, oppure sul gluten-free all'estero. Debbo pensarci un po' su. Chi avesse idee si faccia sentire.

domenica 19 ottobre 2008

Cioccoshow, a Bologna, da oggi a domenica 23 novembre: sorprese gluten-free

Inizia oggi a Bologna il CioccoShow, la fiera del cioccolato che - personalmente - preferisco all'ormai nestleizzata e standardizzata Eurochocolate, a parte il nome.

Nella splendida cornice di Piazza Maggiore, una delle piazze più belle e vissute d'Italia, ci saranno diversi espositori coi loro prodotti, quasi tutti legati al cioccolato.

Iniziamo a segnalare i cioccolatai gluten-free: anche qui, baraonda legislativa a parte, il cioccolato puro non dovrebbe contenere glutine, ma c'è il rischio di contaminazione; pertanto, nomino solo i produttori che dichiarano l'assenza di glutine dai prodotti e nel processo produttivo (autocertificazione, che è poi del resto quello che fanno le grandi industrie alimentari segnalate da AIC).

Sarebbe più carino se ci fosse una legge seria in materia, forse arriverà nel 2012, ad ogni modo ecco la lista, da aggiornarsi di volta in volta:

- il mitico ed ineguagliabile Pistocchi- chi non l'ha provato s'è perso qualcosa. Celiaci o no, andate ad assaggiarlo. Peraltro, dati gli alti ricarichi nei negozi di mezz'Italia, conviene venire a Bologna a comprare un paio di torte e si è ripagati della spesa. Sul suo sito, con flash spinto, alla voce produzione vedete ben chiaro il riferimento al glutine (mi sembra che il proprietario sia addirittura celiaco);

- la sorbetteria Castiglione, a mio parere la migliore gelateria di Bologna (per qualcosa se la gioca con Grom, del quale preferisco la frutta, ma sul cioccolato non c'è gara); i loro prodotti sono senza glutine, ma conviene specificare bene che siete celiaci all'atto di prendere il gelato (così ve lo tirano via da dietro e non dal banco, ove si possono verificare contaminazioni);

- per inciso: a due metri da Piazza Maggiore, in via D'Azeglio, c'è Grom, gelateria senza glutine strepitosa.

per ora di sicure ho trovato solo queste, se volete darmi una mano potete andare nell'area espositori del sito e vedere se menzionano il senza glutine (oppure scrivere loro e chiederglielo). Sinora ho guardato solo i siti, non ho mandato email, anche perhé stando a Bologna faccio prima ad andar lì e chiedere.

Nota: non spaventatevi di fronte a siti che testimoniano come questi produttori, poco inclini al web, siano stati defraudati dei loro soldi con pagine scarne, che non dicono assolutamente nulla dei prodotti. E come non ci tengano poi tanto a farlo, aggiungo.

--------------------------------------------------

UPDATE: Francy mi segnala che c'è anche il cioccolato Venchi (presente, a quanto sembra, nel Prontuario).

Finora mi incuriosiscono (ma non so come siano messi col glutine) Karrua (carrube e derivati) e Garritano per i fichi secchi (se sono effettivamente essiccati al sole e senza alcun conservante)

Interessante, a prescindere dal discorso glutine, la lavorazione del cioccolato (che potete vedere sul sito della ICAM).

sabato 18 ottobre 2008

Di ritorno da Philadelphia e New York. Prime impressioni

Eccomi tornato dal viaggio di undici giorni nella culla della storia occidentale contemporanea: Philadelphia, sempre snobbata - ma dove si ebbe la prima dichiarazione "Noi, popolo..." - e New York, mai troppo elogiata. Alcune impressioni a caldo, anche se ho idea che verranno giù post su post, perché di cose viste e pensate ce ne sono un mare.

1. Crisi o no, vista così l'America dà l'impressione di avere le carte in regola per rialzarsi. Imprenditorialità, voglia di sacrificarsi e semplicità (mentale, e dunque burocratica) sono una miscela estremamente vantaggiosa. Se tornano a farsi qualche torta di più in casa e a sperperare un po' meno sulle scemenze (e ci sono scemenze per tutti i gusti), dalla crisi ne escono fuori bene.

Nota: non è stato un viaggio esclusivamente turistico, c'è stato anche un po' di business, quindi ciò che affermo lo faccio a ragion veduta.

2. Per il senza glutine la situazione sembrava un po' difficile alla partenza. Nulla di tutto ciò: molti ristoranti informati, altri in grado di soddisfare le esigenze, ma soprattutto prodotti disponibili più o meno ovunque. Addirittura un negozio esclusivamente gluten-free accanto ad uno di quegli stradoni immensi che vanno dal centro alle zone residenziali di periferia, tra Philadelphia (Pennsylvania) e Cherry Hill (New Jersey).

3. As usual, affittato appartamento con cucina: oltre che più economico (anche col cambio favorevole, New York è costosa), si va sempre sul sicuro. Avevamo comunque mappato i ristoranti senza glutine di Manhattan.

4. A conti fatti, per il senza glutine in autonomia, il posto peggiore finora visitato resta l'Italia, in cui uno che non parla italiano deve affidarsi ad un prontuario non immediatamente comprensibile per capire cosa può mangiare e cosa no. Anche negli Usa, che a livello istituzionale non brillano per sensibilità al gluten-free, i supermercati (specie Wholefood e Trader Joe's) sono ben forniti di prodotti, peraltro ben segnalati. E in etichetta, ovviamente, la presenza del glutine è sempre segnalata (o come gluten, o come wheat = farina). Oltretutto, va anche detto che in Usa le lacune istituzionali vengono colmate egregiamente da club e associazioni, che spesso fanno pressione sulle catene di supermercati, ottenendo buoni risultati.

5. Ultima nota: anche negli Usa c'è un pane gluten-free strepitoso. Come caspita è possibile che solo in Italia - a livello di grande distribuzione - non esista? L'unico buono finora assaggiato in Italia è quello di Le Ben, a Roma, per il quale non ci si può avvalere del buono (a meno che, mi sembra, uno non sia del Lazio). Per il resto, il pane senza glutine fa schifo. Senza mezzi termini, schifo e basta. E non meniamola con la storia che ha meno ingredienti: la lista è la stessa, solo che qui sa di plastica (se va bene). Urgono soluzioni.

Nella Fifth Avenue a New York: delusionissima Apple, sorpresona Schwartz

Una delle tante cose da raccontare del viaggio a New York è sicuramente l'esperienza al mega store della Apple. La segreteria telefonica del negozio esordisce così: "Se volete informazioni sull'orario di apertura, è molto semplice: non chiudiamo mai!". Chiaro che se hai un Mac in casa, scopri la Apple come migliore dei mondi possibili per un computer, il mega store sulla Fifth Avenue diventa più della Mecca per un musulmano.

Gran delusione, non tanto sul negozio (perfetto se siete dei fan sfegatati della mela), ma sui prodotti - che peraltro già conoscevo. Nulla di veramente diverso, migliore, esaltante, neanche l'I-Phone. Tanto sostengo che il Mac sia il top per un computer - nessun problema, semplicità d'uso estrema, compatibile con tutto, silenziosissimo, ipercontrollabile, supesicuro - quanto credo che per il resto sia un negozio di moda, con relativi prezzi. Trovo assurdo spendere cifre mostruose per gli Ipod.

Insomma, perse due ore a navigare su Internet al negozio Apple, e conclusa di fatto la serata, il giorno dopo attraverso la via della Columbus Parade e vado al negozio di giocattoli a fianco (FAO Schwarz). Bastano le foto: non aggiungo altro o ingabbierei l'inenarrabile.

Se andate a New York, passate PRIMA lì, e poi, se avanza qualche minuto, all'Apple store.

giovedì 2 ottobre 2008

Per una New York gluten-free mappata su google

Viaggiare senza glutine è indubbiamente dura. Tuttavia, Internet per un celiaco che ama viaggiare ha un valore incommensurabile.

Tra le tante altre cose, ecco cosa siamo riusciti a fare con google maps, utilizzando le informazioni reperite sul GFRAP e gli indirizzi dei Wholefoods market.

Naturalmente, abbiamo optato per la soluzione appartamento in affitto, costosa ma non più dei vari hotel (che ovviamente non includono i pasti); peraltro l'avremmo fatto anche senza celiachia. Se poi uno si muove con 5-6 mesi di anticipo strappa prezzi molto vantaggiosi sui vari siti di affitto case, senza contare Craiglist, una specie di Mercatino versione Nord America, con tutti i pro e contro del caso.

New York è - ora, per noi - un po' meno sconosciuta.

lunedì 15 settembre 2008

Lezioni sul tempo: le stanze del tempo sospeso, a Serra de' Conti.

Per quanto se ne discuta e lo si inserisca in ogni discussione, nella nostra civiltà il tempo è il valore più bistrattato. Diversamente, non gli verrebbe attribuito un prezzo. Il tempo è ancora più sotto del corpo, perché al tempo non corrisponde una persona. Non avendo corporeità se non in agende od orologi, il tempo non ha nessuno che si erge a sua difesa.

Eppure, il tempo è galantuomo, il tempo è dottore, il tempo calma e pacifica, il tempo risolve i problemi, il tempo svela.

Quante menti esaurite, quante famiglie rovinate, quante persone trascurate per non dare al tempo il giusto peso, per prezzarlo, per liberarsene al più presto, occupandone anche gli angoli più nascosti.

Una splendida riflessione sul tempo, per chi avesse voglia di mettersi in discussione, è a Serra de' Conti, in provincia di Ancona, al Museo delle Arti Monastiche, non a caso chiamato "Le Stanze del Tempo Sospeso". Di fianco ad un monastero di clausura, racconta i diversi aspetti della vita monastica. La sospensione del lavoro è il filo conduttore del museo: il tempo del lavoro è importante, ma non prevarica mai il tempo per altre cose.

Ottima l'organizzazione, con un percorso sensoriale adatto a tutti, avvincente e rilassante l'audioguida realizzata dalla compagnia teatrale Koiné di Modena che ti fa vivere le più disparate sensazioni, dalle ansie della novizia al mercante che va alla fiera al contadino che coltiva, cambiando continuamente prospettiva. Grande esempio di teatro e audio al servizio della didattica. Ecco, finalmente un museo che fa il museo, dal quale esci avendo imparato qualcosa di nuovo.

Vicino al museo, il Ristorante Hotel de' Conti, posto accogliente che ha ritirato fuori la cicerchia, dimenticata da anni, proponendola in diverse versioni.

Uno o due bicchieri di Verdicchio (Montecarotto è a pochi chilometri, siamo nel regno incontrastato di questo superbo vino bianco), e la riflessione può farsi anche più profonda. Oltre i tre, tocca vette mistiche.

mercoledì 3 settembre 2008

Vuoi aprire un bar? Leggi questo blog

Una mia idea ricorrente, una delle mille da realizzare in questa vita o (più probabilmente) nella prossima, sperando di non rinascere gamberetto per non trovarmici coinvolto lato-cocktail, è quella di aprire un bar, magari in spiaggia. Al di là che non appena rifletti bene sull'implicazione principale di un'intenzione così, e cioè scordarsi i fine settimana (o comunque i mesi) estivi in altri fantastici posti, ti passa subito la fantasia, può essere che qualcuno di voi più determinato voglia intraprendere questa strada.

Ebbene, via Marco Camisani Calzolari trovo questo ottimo blog di Gabriele Cortopassi che illustra tutte le considerazioni da fare per aprire un bar. C'è anche un business plan scaricabile formato ebook. Da leggere molto bene, un ottimo punto di partenza.

venerdì 29 agosto 2008

Mercato libero: io ve lo indico, poi fate voi

A leggere i giornali la finanza viene trattata come l'alchimia, sarebbe il caso di ragionare un pochettino di più con la propria testa, imparandosi almeno i fondamenti base della finanza oppure starne più alla larga possibile.

Nel caso di volerci mettere dei soldi, prima studiarsi un bel libro di finanza e guardarsi qualche blog. Mi permetto di segnalarne un paio: Mercato Libero e Iceberg Finanza. Risultano molto utili anche nel caso di volerci capire qualcosa di più, specie per filtrare le notizie della carta stampata, mai inaffidabili come in questo settore. Informarsi e consultare le fonti è comunque sempre un'ottima cosa, che ne so, in situazioni tipo Alitalia.

Nel caso invece i soldi li abbiate e, pur impreparati in finanza, non resistete al prurito di andarveli a bruciare in qualche sconsiderato investimento azionario, o obbligazionario a garanzie nulle (e dopo piangere), prima andatevi a leggere il sito di Beppe Scienza. Dove magari scoprite che investire sui buoni fruttiferi indicizzati all'inflazione (ripeto: all'inflazione) è oggi il modo migliore - se non l'unico - per non farvi erodere i risparmi.

Poi vedete voi.

martedì 19 agosto 2008

Presissimo. Ma non senza segnalare alcuni ristoranti gluten-free

Periodo very busy, tra pianificazione del viaggio a NY (per noi i viaggi sono una cosa laboriosa da organizzare, sia per noi, sia per gli altri), rifinitura dell'hiking tour di settembre e pianificazione di un tour "anniversario di matrimonio" per il prossimo anno.

Ma non mi eclisso (semmai debba farlo) senza prima alcune segnalazioni di massima di ristoranti gluten-free (tutti segnalati su AIC tranne uno di cui indicherò bene i particolari), provati qualche settimana fa:

1) Il Vecchio Gelso, a Ortezzano (FM o AP, dipende dall'aggiornamento): ottimo agriturismo con piscina, molto eleganti le camere, a prezzi decisamente validi. Porzioni ascolane (cioè abbondanti), qualità e prezzi anche. Da tornarci anche domani.

2) I Tamerici, a Polverigi (AN): osteria raffinata ed elegante, silenziosa ed accogliente, a poca distanza da Ancona. Fascia di prezzo 30-40Euro, ma si mangia in maniera più che valida. Se prenotate con qualche giorno di anticipo, si amplia la gamma dei prodotti senza glutine.

3) Albergo Ristorante Il Ciocco, Farneta di Montefiorino (MO): nella migliore tradizione degli albergo-ristorante per soggiorni climatici, il Ciocco è una struttura di vecchia data e ottima tradizione, nell'ospitalità e nella cucina. Ottimi i prezzi, la qualità è quella dell'Appennino Reggiano-Modenese: puoi bendarti, prendere un ristorante a caso e di sicuro mangi bene a prezzi popolari. Dove la gente è abituata a faticare con le braccia in gran quantità e a mangiare e saper fare da mangiare in proporzione (cioè, NON a Bologna, almeno non più), se bluffi chiudi dopo venti minuti. Quindi al Ciocco andate sul sicuro, senza esperienze mistiche, ma con tanta concretezza.

4) Pizzeria Michele da Ale, a Senigallia (AN), segnalata su ds Pizza Point, che vale come AIC: all'inizio di Senigallia, sul lungomare altezza ristorante Da Bano o Hotel Ritz, questa pizzeria di lunghissima tradizione, oltre a tempi di servizio olimpionici sforna pizze di ottima fattura. Anche il resto (non assaggiato, ma segnalato da altri) non è male. Prezzo anche qui onesto (sui 15-17 Euro pizza, birra, dolce). Prenotare per tempo non per il glutine, ma per trovare posto. Sempre piena.

5) Agriturismo Croce del Moro, a Rosora (AN): faceva parte del network AIC, ora non più per mancata disponibilità (presumibilmente attriti su alcune questioni). Le nozioni comunque le ha, e - ovviamente prenotando per tempo - si dovrebbe stare ragionevolmente tranquilli. Naturalmente, non mi assumo responsabilità per chi dovesse sentirsi male. Comunque, si mangia veramente bene, tutto buono (a parte la crescia inspiegabilmente infarcita di cipolle che la rendono acida), anche per il senza glutine sono ben forniti, tanto più che i piatti - a parte i primi - sono gli stessi. Prezzi da provincia marchigiana (vedi il discorso fatto per ascoli piceno). Ci sono anche le camere, non viste quindi non valutabili.

Buon pranzo e che buon pro vi faccia.

lunedì 11 agosto 2008

If I can make it there... risorse gluten-free per New York

Il titolo dalla canzone più celebre dedicata alla Grande Mela, per introdurre a diverse risorse sul senza glutine, a New York ed in Nord America in generale, dove per il senza glutine sono più indietro rispetto ad altre parti del mondo (senza disturbare l'Australia, vera NBA del gf, basti dire che in Brasile anche sull'acqua c'è scritto senza glutine).

Iniziamo da un paio di blog, questo (ricco di risorse, di respiro più generale), e questo, dedicato specificamente a NY.

Partendo da loro, si riescono a trovareun sacco di cose: per esempio, la mappa dei ristoranti gf a NY, che aderiscono al GFRAP programme, un programma di informazione per ristoranti. Un po' come fa l'AIC da noi, con la differenza che lì ci sono tre livelli di informazione, contrassegnati da una, due o tre stelle: si può leggere la spiegazione qui, e richiedere informazioni. Sia la brochure che la mappa prendono le mosse da questo sito, in cui si può anche effettuare la ricerca online: troviamo 14 ristoranti per New York. Pochi, considerata la città di cui stiamo parlando. Ma tanti, per noi che a New York non andiamo ad abitare.

La prova del fuoco sarà sempre comunque il pane: vedremo se questa legarden bakery, definita troppo buona per essere vera da uno dei blog di cui sopra (anche se son sempre palati americani), supererà l'esame del nostro palato. Finora ci è riuscita solo la country life bakery australiana, con un pane che se fosse venduto in Italia risolverebbe il 70% dei problemi socio-alimentari dei celiaci nostrani, altro che la plasticaccia venduta a peso d'oro nelle farmacia.

Poi, ovvio, c'è sempre Grom per il gelato, ammesso che uno abbia voglia di affrontare la fila che si vede dalle foto!

Infine, c'è la possibilità di acquistare una guida a ristoranti e alimentari senza glutine in USA (con pratica borsetta e balle varie)

Chiudiamo con una nota di colore, che solo gli americani possono avere: quale maglietta o cappellino desiderate acquistare?

martedì 5 agosto 2008

Il migliore spot ad un tour gastronomico serio nelle Marche. Autore Bebowsky from Ferrara.

Conosciuto pressoché casualmente, con la ciliegina dell'equivoco iniziale, Bebowsky è un vulcanico gastro-motociclista solitario, con la passione per i video resoconti delle sue vacanze.

Bellissimo quello sul Brasile, significativo e appetitoso questo sulle Marche.

Buona visione!

venerdì 4 luglio 2008

Un solo ristorante gluten-free a Bologna: La Pizzeria Due Lune di via Battindarno, un gran bel posto.

Come molti di voi sapranno, vivo a Bologna - a parte alcune parentesi - dal 1996. Ci ho studiato, ed ora ci abito con mia moglie. Una particolarità di Bologna è che gode della fama di città in cui si mangia davvero bene, godereccia, scanzonata. Forse lo sarà stata in passato: per quanto i gourmet se lo chiedano e ne dibattano, pie' di lista (cioè Fiera) e speculazione immobiliare (cioè: affitti spaventosi), assieme all'ineducazione alimentare studentesca (che esalta osterie con bisolfiti rossi spacciati per vini), hanno reso Bologna un posto da cui stare alla larga. Per delle crescentine civili senza ricorrere a Finconsumo bisogna arrivare come minimo a Bazzano, o a Marzabotto. Idem per avere un tagliere di salumi abbondante e non plastificato. Lasciamo perdere le tagliatelle o i tortellini al ristorante, passati da bene alimentare a status symbol da gioielleria, salvo poi andartene nell'Appennino Reggiano o Modenese, bendarti, prendere un ristorante a casaccio e trovarne di migliori a un decimo del prezzo, ma tant'è, i miti sono duri da sfatare.

La cosa che colpisce maggiormente, e che fa anche girare le palle, visto che ancora troppi bolognesi si piccano di essere al centro dell'Italia per la cucina, è l'assenza totale di ristoranti senza glutine (che se non è indice di impreparazione culinaria, ditemi voi). Tranne uno, e che sia benedetto: la Pizzeria Due Lune, in via Battindarno, assurta oramai a refugium peccatorum dei bolognesi celiaci, non solo perché non c'è alternativa. In realtà, l'Alternativa di via Mascarella, a due passi dalla Montagnola è l'unico altro posto a Bologna (esclusa San Lazzaro, che del resto non è Bologna) per il gluten-free, ma è una piadineria - ottima per carità, fa anche servizio a domicilio e la piada GF è valida - non un ristorante. L'interno della pizzeria

Le Due Lune invece è una pizzeria ristorante, con un'ottima pizza (GF e ordinaria, la seconda su forno a legna), ottimi piatti e prezzi ancora civili. Ci sono andato diverse volte a mangiare, ed ancor di più a prendere la pizza da portare a casa: di lunedì, di mercoledì, giovedì, venerdì, qualunque giorno è sempre, sempre, sempre pieno, sempre vociante, sempre allegro. Alla faccia della crisi! Sta in via Battindarno, all'incrocio con via Bertocchi, tra la Barca e Borgo Panigale, proprio di fianco al deposito degli autobus (così ti becchi pure un bel parcheggio). Davvero un posto in cui respiri allegria e serenità, e soprattutto, se sei celiaco, un posto in cui mangi bene e rilassato. D'estate poi stai anche fresco, perché c'è anche una bella veranda, spesso con piano-bar.

Se di cinquecento pizzerie (e ci vado stretto) che aprono e chiudono alla velocità della luce in ogni angolo della città, una sola è senza glutine, secondo voi cosa significa?

Se di cinquecento ristoranti (e ci vado stretto), trattorie, osterie e vari che aprono e chiudono in ogni angolo della città, uno solo è senza glutine, ed è lo stesso che fa anche la pizzeria, secondo voi cosa significa?

Ristorante Pizzeria Due Lune
Via Bertocchi 1, Bologna
tel: 051.56.75.69

lunedì 30 giugno 2008

Le opinioni che piacciono a me: semplici, razionali, il più oggettive possibili. Per viaggi e non solo.

Non sono un animale da newsgroup. Ero iscritto ad alcuni gruppi qualche anno fa, ma principalmente lurkavo, postando molto poco e fraternizzando ancora meno (cosa che in rete fatico a fare, mi mancano lo sguardo, la risata, la stretta di mano, e la capacità di scrivere in maniera efficace).

Principalmente frequento i newsgroup (e i forum) quando ho bisogno di acquistare qualcosa, o avventurarmi in un viaggio. E' stato così che ho scelto Pantelleria nel 2006 ed Aitutaki nelle isole Cook lo scorso anno. E li trovo tremendamente efficaci. Con una riserva: le opinioni giuste vanno sapute cercare, o si prendono amare delusioni. Una di queste è stato evitare l'Hotel di Queenscliff per Geelong, nel Victoria. Un'ottimo consiglio è stato invece Giovanni Matta per Pantelleria.

In questo caso, girando per gelatiere e robot da cucina, mi imbatto in questa descrizione del Bimby (che razza di nome!). Non una stroncatura, ma neanche una cieca esaltazione: un'opinione, ben costruita e circostanziata, utile a comprendere se è adatta o no a noi. Queste sì che sono opinioni!

venerdì 20 giugno 2008

Un parco naturale in pieno centro città. A Sydney? No, in Ancona

Sarà che da quasi due mesi non torno giù nelle Marche. Sarà che con questo caldo e splendido sole di giugno sono gasato a mille, perché tra domani e domenica mi sparo nell'ordine le spiagge di Mezzavalle, Sirolo e Portonovo. Sarà la festa per la Pedalota che arriva dalla Croazia sabato pomeriggio, o la festa sabato sera, o la partita dell'Italia in riva al mare domenica sera.

Sta di fatto che ogni novità riguardante Ancona in questi giorni diventa notizia bloggabile. Ma l'apertura dell'ingresso versante Duomo al Parco del Cardeto di domenica 21 lo sarebbe stata anche a metà novembre. Il Cardeto ospita il Vecchio Faro. Ex zona militare, confina col Campo degli Ebrei, vecchio cimitero ebraico che lo divide dalla Facoltà di Economia. Per darvi un'idea del posto, la sede della facoltà era una caserma, mentre dal Faro Vecchio spuntavano i cannoni a protezione di Ancona: faceva parte di una rete di protezione fatta costruire in fretta e furia dopo il 1860, prima che Venezia diventasse italiana, ed Ancona era il porto italiano dell'Adriatico più importante a livello commerciale e militare.

Il tramonto dal Faro vecchio

Oggi, crollato il muro di Berlino, diverse zone militari sono state smantellate: ne consegue che ci troviamo con una sede universitaria stupenda ed un parco mozzafiato, quasi completamente selvatico (girano anche i tassi, per capirci), a picco sul mare e a due minuti dal centro città. La vista è quella mostrata a lato, ma su flickr ci sono foto ancora più belle, tipo questa oppure questa.

Da domenica, il parco del Cardeto sarà accessibile anche da via Birarelli, zona dell'ex-carcere e dell'Anfiteatro Romano (e di una tragedia immane risalente alla seconda guerra mondiale), oltre che da Economia (ex caserma Villarey) e da via Panoramica (sopra al Viale della Vittoria).

giovedì 19 giugno 2008

E due: ma le tracce dei temi di maturità chi le propone?

Errare è umano, perseverare è da ministri dell'istruzione: lo scorso anno su Dante, quest'anno su Montale.

Interessante invece lo spunto del tema generale, sulla comunicazione delle emozioni. Tuttavia, patetica la boriosità di chi ha steso la traccia, tra il nostalgico mieloso (un tempo... l'attesa... gli odori...) e l'apocalittico piccolo-borghese (oggi impersonale ed immediata). Persa un'occasione per analizzare la vastità di una produzione letteraria nuova, con simboli nuovi (emoticon, ma anche acronimi, signatures, link, ipertestualità, abbreviazioni originali ed altro ancora), con dimensioni nuove (il senso di vicinanza e di prossimità della mail, ed ancor più dell'sms, stravolgono i contenuti di una comunicazione tra persone lontanissime) che peraltro (il concetto di ibridazione è sconosciuto a costoro) non soppianta la lettera scritta come mezzo di comunicazione, semmai la esalta, enfatizzandone le caratteristiche fisiche e personali che la rendono - appunto - odore, tatto, attesa.

Un link interessante per approfondire alcuni spunti: Derrick De Kerckhove.

Del viaggiare schematico, ovvero perché odio la geografia turistica. E perché in Ancona ti porto al Passetto a mangiare le crucete

In qualunque esame per l'abilitazione alle professioni turistiche che si rispetti, la parte del leone la fa sempre la geografia turistica. Ovvio: come puoi lavorare nel turismo se non sai dove sono (e cosa siano) Petra, o l'Angkor Vat, o Abu Simbel, o Machu Picchu? Mica tanto ovvio, per la verità: me lo ricordavo a memoria il giorno dell'esame, ora la memoria è un po' più arrugginita, specie se non tratto destinazioni internazionali.

Ho sempre amato la geografia: da piccolo, passavo ore a guardare il mappamondo, l'atlante, la cartina geografica. Mi piaceva scovare quei posti dai nomi esotici, immaginare le facce di chi ci viveva, sentirli pronunciare nei discorsi. Mi affascinava la Mongolia, persa laggiù in Asia, ma anche il Giappone, con tutte quelle città in un centimetro quadrato di mappamondo. E poi l'America, da Nord a Sud: guardavo le città del Brasile e mi immaginavo le spiagge calde quando da noi era inverno. Leggevo Bahìa e pensavo a come ne parlava José Carioca nei Tre Caballeros di Walt Disney.

Poi è venuta la geografia turistica. Con una passione del genere, non è difficile imparare tutti quei nomi. Il viaggio per me è sempre significato, tra le altre cose, mutare in qui-ed -ora qualcosa che era là-e-poi: essere a Sydney avendola sempre immaginata come lontanissima, quasi appartenente ad un'altra era, mi fa sentire un supereroe, che supera le barriere dello spazio e del tempo.

Eppure, c'è qualcosa nella geografia turistica che sottende il semplice nozionismo: la pretesa di rinchiudere in una categoria ben precisa quello che si deve fare, vedere, non perdere quando si è in un certo posto. Più che nozionismo, tassonomia: Asia -> Sud-Est asiatico -> Cambogia -> Angkor Vat; America -> Nord America -> Canada (o tour Usa-Canada) -> Niagara Falls.

Forse aveva senso cent'anni fa. Senza televisione, cinema, Internet, se andavi a Roma e non vedevi il Colosseo te l'eri perso, al massimo te la cavavi con qualche stampa. Lo raccontavi agli amici, tingendolo con particolari che solo tu eri riuscito a scorgere (ricorda - faceva dire il grande Ignazio Silone ad un cafone su Fontamara - quando sei a Nuova York, vai sulla quarantanovesima strada).

Oggi, tutto sommato, lo vedi in tv, al cinema, su Internet, nelle foto, nei video amatoriali, nei disegni... insomma, non rischi di perdertelo. Diventa semplicemente una categoria nella quale entrare per non sentirsi estranei alla massa che ne fa parte. Se sei stato a Roma, devi far parte di quelli che hanno visto il Colosseo (vale anche per l'Angkor Vat, Ground Zero, le cascate del Niagara ecc.). Se non ci vai, non la scampi: sei un alternativo (altra categoria massificata), perché deliberatamente scegli di non appartenere ad una categoria in quanto percepita di massa.

Altro è, a mio parere, capire cosa si vede, e tracciarne le direzioni maturando così l'abilità a tradurre la tradizione. Una tesi di laurea in Comunicazione credo si intitolasse così, mi pare parlasse della Sardegna e sono sempre stato curioso di leggerla. Lorenzo Cairoli, ad esempio, è molto abile in questo, in particolare quando parla del Piemonte: racconta, narra, trova i fili più nascosti e intesse le trame dei piatti, dei monumenti, delle tradizioni.

Questo dovrebbe saper fare un'ottima guida turistica (intesa sia come libro che -ancor più- come persona): rendere ogni monumento, piatto, costume e quant'altro non un obbligo perché va visto, assaggiato, fotografato, ma parte di una narrazione, un racconto del quale si è curiosi di vedere come va a finire.

Per esempio, se in Ancona (sì, per quanto possa sembrare strano o stonato, si dice in Ancona, leggiti Sorelle Materassi) ti porto a mangiare le crocette, non lo farò mai - se possibile - al ristorante. E ti assicuro, non perché così non è tipico. Della tipicità non me ne frega un beneamato: è solo un'altra etichetta, una categoria, devi farlo perché è tipico. Semplicemente perché - secondo me - lo spirito delle crucete, così come delle saraghine a scotadeti, è di mangiarle su un cartoccio davanti al Passetto, simbolo, con le sue grotte, di chi ha strappato un salotto alla roccia; simbolo dei pureti che hanno fatto le nozze coi fichi secchi, ma gli sono venute bene. E poi ti reciterò - o io, o magari un attore teatrale - le poesie che ti ho appena linkato.

Avrai capito lo spirito della città e sarai poi curioso di saperne di più. Molto più che leggendo una qualsiasi guida del touring o - peggio ancora - della Lonely Planet.

martedì 17 giugno 2008

La Pedalota: da Zara a Palumbina in pedalò... e chi se lo immaginava!!!

Da Ancona, quando sono a casa dei miei, mi affaccio alla finestra e vedo il mare. Di mattina presto, col cielo sereno, scorgo la sagoma dell'Isola Lunga, davanti a Zara. Come un fantasma, come se volesse avvisarci che di là c'è qualcuno: difficile da spiegare, forse può capirlo solo chi è cresciuto sul mare.

E da piccolo, vivendo a Palombina, periferia nord di Ancona, col mare davanti casa, sognavo di nuotare o andare col pedalò fino alla Jugoslavia (ancora si chiamava così).

Vent'anni dopo, due miei vicini di casa, Matteo e Sabrina, in Jugoslavia ci vanno davvero. Anzi, tornano dalla Jugoslavia, cioè dalla Croazia, Isola Lunga, in pedalò. E non al porto di Ancona, come un traghetto qualunque. Nossignore: proprio a Palombina!
E sabato sera, grande festa al Donaflor di Palombina per celebrare chi ha avverato i tanti sogni di bambino.

Correndo l'anno di grazia 2008, la Pedalota può essere seguita anche su youtube.

Qui il sito, e qui il blog.

Il varo del PedalòNota: questi non sono né artefatti, né fighetti. So' proprio pazzi scatenati. In più ci sanno fare coi media. Ma sulla genuinità dei personaggi, garantisco. Me sto facendo quattro risate a vedé le foto de tutta l'operaziò...

lunedì 16 giugno 2008

Finalmente (ottimo) pesce senza glutine: bagno Astra, lido Estensi

Weekend ai lidi ferraresi: piacevole sorpresa ovviamente non per il mare (questo ce lo sanno anche gli abitanti), ma per l'immensità delle spiagge, la romanticità dei panorami (le Valli di Comacchio e le peschiere lungo la Romea sono uno spettacolo di grande bellezza) e la natura che si toglie le catene e si infila in ogni pertugio libero lasciato dall'uomo.

Talvolta anche in senso negativo: è il caso del mezzo alluvione di sabato scorso, che ha reso Porto Garibaldi e zone limitrofe una piscina di cinque chilometri quadrati, per fortuna senza tragiche conseguenze. C'è anche da dire che qua, con le valli a due metri ed il Po poco oltre, pompe e idrovore non sono oggetti misteriosi, e come piove un po' più dell'ordinario l'allerta è generale.

In uno scenario da mare d'inverno (ché questi non sono temporali estivi, ma alluvioni autunnali!), ma col tramonto posticipato di quattro ore buone, dopo una passeggiata per il lungomare del Lido degli Estensi, arriviamo al bagno Astra, unico nella zona per la cucina senza glutine.

Dieci di sera, giungiamo appena in tempo per mangiare: dato il tempo, un sabato da tutto esaurito si trasforma in una cena con pochi avventori, cosa che generalmente preferisco, specie se trattasi di pesce. Personale molto cordiale, dal gestore ai camerieri alla signora che dirige in cucina: ha una bimba celiaca, ed i capolavori che assaggiamo sono merito suo. Pasta, pane, pesce arrosto (con la mollica di pane) e frittura sono eccellenti. Si sentiva che qualcosa non era freschissimo, data l'agitazione dei pescatori di questi giorni, ma con le retine e la capacità di scegliere la qualità restava altissima.

Pesce arrosto veramente valido, frittura ottima - chi cucina senza glutine sa quanto è difficile farla almeno simile all'originale, qui è identica, leggera e strepitosa - maccheroncini al sugo di granchi, che non ho assaggiato, ma che mia moglie ha gradito molto. Apprezzo chi non si nasconde dietro piatti altisonanti e, se ha i granchi, non si vergogna di proporli: a mio parere, crostacei sempre troppo sottovalutati, si adattano a diversi usi (anche fritti e arrosto sono eccellenti), e non avendo la dolcezza degli scampi o delle canocchie, riescono a controbattere bene il pomodoro, mantenendo il proprio carattere e rispondendo per le rime. Così come apprezzo, per il senza glutine, la libertà di scelta in tutto il menu, interamente replicabile nella versione gluten-free.

Grandioso il dolce alla ricotta, a chiosa di una cena difficile da dimenticare: ed eravamo al chiuso, e faceva freddo...
    Bagno Astra
    Via Spiaggia, 13 (bagno numero 13)
    Lido degli Estensi (FE)
    Tel. 0533.327953 ; 348.7130138
    Persona di riferimento per il senza glutine: Bigoni Roberta
    Note: apertura stagionale (da mar a ott), consigliata prenotazione nei fine settimana e a cena.

domenica 15 giugno 2008

Straniero, italiano, sinonimi.

Il cous-cous - ovviamente di matrice araba - in Sicilia; lo strudel - austriaco - in Trentino Alto Adige.

Francese inVal D'Aosta, ladino e tedesco in Alto Adige, greco in Salento, albanese in Calabria, català in Sardegna, sloveno in Friuli. Magna Grecia in Sud-Italia, mosaici bizantini a Ravenna. Arte normanna a Palermo, ma con maestranze arabe.

Uvetta - sultanina, ovvio - nei piatti meridionali ma anche veneti, baccalà e stockfish - pardon, stoccafisso - dalla Norvegia normanna. Pomodoro - amerindio - e patata - idem. Vino iracheno, o mesopotamico, ed olio greco, ma qui stanno così bene che rendono al meglio. Asiatici in Etruria, e turchi fondatori di Roma (Roma? Enea? Troia? Schliemann?), biondi, alti ed occhi azzurri in Sicilia, accanto a mori, bassi e scuri, eppure entrambi siculi doc.

Cozze? No, moscioli in Ancona, ma anche muscoli a Livorno e mussels in Inghilterra e musseln in Germania. Spagnoli in Piemonte, ma anche francesi, e non solo lì, pure a Napoli (Pascà, Pascal, Pasquale). Spezie in tutt'Italia, ma dall'Asia. Seta sì, ma cinese. Caffè arabo, ma dal Brasile. Cacao messicano, con il mais.

Russi, asiatici, arabi, scandinavi, tedeschi, spagnoli, francesi, turchi, arabi, mesopotamici, greci, inglesi, nordafricani, albanesi. Tutti italiani doc.

Cosa significa dunque straniero in Italia?

venerdì 13 giugno 2008

Il dialogo in rete: un paio di esempi in Italia e all'estero

Tempo fa avevo ricevuto i ringraziamenti da parte di Gigina per una recensione (non ce l'ho neanche fatta a tornare a trovarli, loro e i cappellacci... vabbè, provvederò). I gestori sono andati a leggerla dopo aver visto la stampa del foglio da parte di alcuni clienti francesi: sicuramente da quel momento il web è divenuto meno misterioso per loro.

Altri gestori - e questa cosa mi piace - girano per dialogare coi propri clienti, rispondendo puntualmente alle recensioni, spiegando le proprie ragioni in caso di disguido.

Vi propongo due esempi, visto che in questo periodo si sta dibattendo sul dialogo coi propri clienti a seguito del caso Mosaico arredamenti: il primo è della locanda Il Varano, in zona Lidi ferraresi, tra Comacchio e Codigoro; il secondo, invece, a Sydney, ed è il Simpsons of Potts Point, b&b stellare in una zona incantevole della città australiana.

Entrambi i gestori, tanto qui quanto là, si premurano di andare in rete e spiegare, se c'è stato un equivoco, le ragioni, o addirittura controbattere se è il cliente ad essere nel torto; sempre però nell'ottica di migliorare. Se fate bene caso, poi, la proprietaria della locanda il Varano non è chissà quale scrittrice, giusto per tacciare quanti cercano alibi nelle proprie capacità letterarie per comunicare su Internet.

Ovviamente, esistono anche casi negativi, di strutture che controbattono in rete ma non correggono i difetti: ne ho avuto prova proprio domenica scorsa, ma preferisco non parlarne, come si fa nelle guide, a meno che non si configuri un comportamento scorretto o peggio disonesto (e a quel punto lo farei per mettere in guardia futuri avventori).

martedì 10 giugno 2008

Trieste, l'eleganza assoluta della mitteleuropa.

Esistono città che devono al treno la propria fortuna; altre invece sventrate, snaturate, sfigurate dalla ferrovia; altre ancora, sfiorate e nulla più. Ma certe dovrebbero riservare alla ferrovia gli onori di un testimonial d'eccezione, città il cui ingresso via treno è semplicemente maestoso. Spesso accade con le città di mare, ma non sempre: a Livorno entri dalla zona industriale, facendoti largo tra fumi e miasmi; ad Ancona - e a Mantova, anche se solo di lago - rimani sospeso tra l'obbrobrio della raffineria e lo splendore - poco oltre - della città che si specchia sull'acqua.
A Milano sembra di rivivere la belle-epoque, però reinterpretata dai nevrotici personaggi odierni, mentre a Torino passi dalla splendida Moncalieri al lugubre Lingotto.

Trieste, nulla di tutto ciò: là, già una ventina di chilometri prima, superato Monfalcone, inizia la passerella trionfale lungo il golfo, dall'alto. Per certi aspetti ricorda la Liguria, ma è più maestosa, aristocratica. In quei venti chilometri, esistesse un treno veramente di classe (altro che gli asfittici Eurostar), dovrebbe essere insonorizzato, andare a venti all'ora e sax in sottofondo. Il tutto verso il tramonto, a lume di candela.
L’Adriatico visto dal treno
Il golfo, il verde, Miramare e la vista del porto sono un inno all'Adriatico e alla sua storia, a qualcosa che va oltre l'Italia, alla sintesi di romano, veneziano e mitteleuropeo che rendono la città di un'eleganza tale da farla sembrare una Torino sul mare.
Scorcio del porto di Trieste
A Trieste, quando imbocchi il lungomare dalla stazione, passato l'austero e maestoso edificio della Banca d'Italia, dovresti toglierti le scarpe, ed in pantofole indugiare sul molo, sulle rive, in piazza Unità d'Italia; salvo poi infilarti gli scarponi per salire a San Giusto, dietro cui la città svela aspetti più metropolitani e abbandonati.
Piazza dell’Unità d’Italia vista dal molo
Ma un salotto su un lungomare così elegante, aristocratico eppur vivo (a differenza della splendida ma ormai morta Venezia); un salotto così, sul mare, non ce l'ha nessuno.

Online ovunque, specie in viaggio. Meglio o peggio?

Tra wi-fi, UMTS, Iphone (a breve), laptop per tutte le tasche, connessioni mobili - ancorché mooolto migliorabili - si tende ad essere online ovunque.

Fin troppo, forse, anche se è innegabile l'utilità di essere in rete (anche solo episodicamente) in viaggio: dritte sul posto, aggiornamenti su eventi e manifestazioni, orari dei treni in real time e tanto altro.

Al di là di moralismi e sociologia da bar, geniale questo spot: le "secchie" (ri-)scoprono la natura.
L'uscita dalla caverna rivista da vodafone

venerdì 30 maggio 2008

Risorse per viaggiare: olanda, treni, amsterdam e gluten-free

E' fine maggio, fioriscono le lenticchie a Castelluccio (spettacolo che vale il viaggio in questo straordinario altopiano tra l'Umbria e le Marche, ai piedi del Monte Vettore, sui Sibillini), Scudetto e Coppa Campioni hanno già trovato casa, iniziano i bagni al mare (almeno speriamo, visto il tempo!), e si organizzano le vacanze estive.

Per quanti volgessero il loro sguardo a Nord, verso l'Olanda, il link alle ferrovie olandesi. Con due parole: costicchiano, ma treni puliti, puntuali e frequenti assieme ad un collegamento capillare di bus vi risparmia comunque benzina, stress, mal di testa per trovare parcheggio e tante altre amenità. Ovviamente, sconti e tessere sono possibili per tutti, e convengono. Il sito è in olandese e in inglese.

Altre risorse specifiche per il senza glutine:
  • qui un forum di discussione;

  • qui una lista di indirizzi per mangiare ed acquistare prodotti GF;

  • qui il sito dell'associazione olandese celiachia (aarghh!!! in olandese, non ce se capisce nada!).

  • Sempre in tema celiachia, molto utile il sito di Bob & Ruth con suggerimenti e varie. Di questa ottima risorsa parlerò prossimamente.

    Ad Amsterdam andrò a fine settembre, al matrimonio di due cari amici. Se passate di là quest'estate, intanto, salutatemela!

    giovedì 8 maggio 2008

    E facci vedere il tuo Ministero!!!

    Ministro Mara Carfagna
    Ministro delle Pere Opportunità:



    Sicuramente più Opportunità che pere.

    Questa è forse l'immagine più presentabile del nuovo governo. Se penso ai Ministeri dello Sviluppo, della Semplificazione (pensando al soggetto, c'è da chiedersi se "semplice" sia aggettivo o sostantivo), dei Beni Culturali e delle Riforme, c'è di che preoccuparsi.

    Senza contare lo Sviluppo Economico. Visti i precedenti, c'è ben da sperare (attenzione: sul secondo link vengono menzionati anche gli attuali ministri Welfare e Interni).

    Evvai! :-(

    martedì 15 aprile 2008

    Elezioni: spunti interessanti dalla rete e dalla storia, per capirne un po' di più

    Nel dopo elezioni, o meglio, dopo la parvenza di elezioni democratiche, con la delusione enorme che ho in corpo (che peraltro covava già molto prima del voto), col ritorno della DC semmai non ce ne fossimo accorti (gli diamo sei mesi di tempo al Berlusca per liberarsi della Lega, e a Veltroni di Di Pietro, per riformare la DC forse anche più oscurantista di vent'anni fa, visto che si è anche affrancata dalle forze di sinistra?), mi piacerebbe proporre alcuni pezzi tra i più interessanti che ho letto, IMHO.

    Il primo, di stampo strettamente attuale, per quanto tenti di spaziare nel generale, è di Suzukimaruti.

    Il secondo porta invece a riflessioni "oltre", e che sarebbero tremendamente utili per capire dove ci stiamo dirigendo (e capire perché per prendere voti oggi si parli di pensioni e non più di posti di lavoro), a prescindere dagli orientamenti politici di turno, visto che sono tutti di breve respiro. E' un articolo del Solista sulla bomba demografica, sempre più pericolosa.

    Poi, due riflessioni eterne, fatte quasi quarant'anni fa dal più grande e acuto intellettuale italiano del dopoguerra, rinnegato in primis dalla sinistra.

    Nella prima, Pasolini che dà la misura di quanto effettivamente sia potente e antidemocratica la televisione. Nonostante Internet, la composizione socio-demografica dell'Italia pende ancora troppo dalla parte di questo medium di massa.


    Pasolini: la televisione


    La seconda è un'analisi, anche questa sempre attuale, della società dei consumi. Qui un breve estratto, ma su youtube si trovano versioni anche più lunghe:


    Pasolini: la civiltà dei consumi

    Nell'una e nell'altra riflessione si potrebbe notare che oggi siamo nel momento di massima tensione di entrambi i sistemi (i medium di massa lentamente soppiantati dalla rete, la società dei consumi che mostra qualche barlume di crepa). Sarebbe interessante, ahimé, poter avere qui Pasolini per sentire oggi le sue opinioni.

    lunedì 14 aprile 2008

    Torino, stadio Filadelfia, o quel che (purtroppo) ne resta

    Ad ottobre, ogni due anni, Torino è sinonimo del più grande evento del food in Italia. A torto o a ragione, visto e stravisto oppure no, in declino o in crescita, vero o finto, quando si parla di cibo tra esperti, appassionati o addetti, gli anni pari si parla del Salone del Gusto. Come quasi tutti gli eventi che fanno parlare di Torino, anche questo è ospitato al Lingotto. Del resto, la Fiat - anche se in declino - è sempre presente, e casa Agnelli pur defilata resta padrona. Padrona di una città ormai ridotta a succursale di Milano, visto che in treno è raggiungibile a qualsiasi ora solo da lì; porta d'ingresso alla Francia, ma sarebbe più appropriato dire zerbino visto che Bologna, cioè l'Italia, ha pochissimi treni diretti in andata, ancor meno al ritorno, nessuno ad orari compatibili con una cena. Naturalmente Trenitalia, in casa Fiat, non si azzarda a proporre treni speciali che viaggino anche di notte.

    Nel 2004 al Salone del Gusto partecipai anch'io, ed ebbi l'occasione di conoscere personalmente Marc Millon, Beatrice Ughi, Carla Latini e praticamente tutti i produttori della scuderia di Vyta, alla quale stavo lavorando. Fu un'esperienza significativa, forte, molto interessante (se dico golosa è scontato), senza dubbio imperdibile.

    Ma di quella giornata, in una Torino senza più un posto letto (non sarebbe accaduto neanche per le Olimpiadi), fu un altro l'episodio che mi rimase impresso a fuoco. Arrivato in mattinata da Bologna, per fortuna fui ospite del carissimo Michele Bredice, un ragazzo conosciuto nel Campo di Formazione Capi Scout, il quale ahimé non sento più da diverso tempo; in una Torino assolata e fresca, mi stavo dirigendo dalla stazione Lingotto a casa sua, in Corso Unione Sovietica, non lontano dall'attuale Stadio Olimpico (il vecchio Comunale).

    Per arrivare da Torino Lingotto a Corso Unione Sovietica c'è da farsi un pezzetto a piedi, di strada e di storia, nel più classico dei sobborghi operai italiani. Un'occasione da non farsi sfuggire, perché fra qualche anno (anzi, già sta accadendo) questa zona verrà rivalutata, c'è da starne certi, dato che l'industria pesante oramai non c'è più.

    Ad un certo punto, per arrivare a Corso Unione Sovietica si gira a destra, e si imbocca via Filadelfia. Qui non è più strada, è solo storia, la storia di un monumento completamente abbandonato a se stesso.

    Per i veri appassionati di calcio, a Torino - dopo la Mole - viene il vecchio stadio Filadelfia. A Barcellona, Madrid, Manchester, Liverpool ne avrebbero fatto un museo, con tutti i trofei, filmati, cimeli e ammennicoli del Grande Torino. Qui no: lo si abbatterà per farne uno dei tanti centri commerciali. Eppure, anche diroccato, basta affacciarsi dai finestrini delle vecchie biglietterie (con sopra stampigliato il settore di entrata) che tra le macerie sembra di rivedere le telecronache dell'istituto Luce.

    Nel secondo dopoguerra, il Toro era il club più forte del pianeta. Oggi non sapremmo a chi paragonarlo: forse al Milan di Sacchi, o ai Galacticos del Real Madrid, ma sarebbe riduttivo. Troppo il divario con gli altri club, suggellato dalla convocazione in blocco nella Nazionale italiana (ci si avvicinerà solo la Juventus nell'Italia campione del 1982), all'epoca reduce da due titoli mondiali. Va detto che il Toro aveva beneficiato della guerra, garantendosi i migliori giocatori in cambio dell'esonero dal servizio militare grazie agli stratagemmi del presidente Ferruccio Novo.

    Il divario non è però solo tecnico: il Grande Torino negli anni quaranta ha una gestione che sarà eguagliata solo negli anni Ottanta. Nel 1948 è in Brasile, poi gira l'Europa inaugurando (e riempendo) diversi stadi, costituendo un richiamo di pubblico senza pari. Premi partita, onorari e fama ne fanno la squadra più ricca e famosa del mondo. Basti pensare che Altafini, ai mondiali di Svezia con la nazionale verdeoro, viene soprannominato Mazola per una vaga somiglianza col capitano granata.

    Proprio la fama, complice la nebbia e un altimetro sballato, sarà paradossalmente la causa della tragedia di Superga, che consegnerà al mito un undici impareggiabile. Di ritorno da Lisbona, da una delle tante amichevoli, l'aereo con i giocatori si schianta all'ingresso della Basilica di Superga, sulle colline torinesi. Il servizio del cinegiornale merita di essere visto, perché fotografa un'epoca ed uno stile narrativo che oggi non esistono più.


    La tragedia di Superga: Settimana Incom


    Resta il fatto che oggi, in via Filadelfia, c'è uno stadio diroccato, neanche risalisse ai romani, dove gli echi delle grida e i rumori dei calci al pallone ancora rimbombano tra le macerie delle gradinate, le erbacce e le porte rotte. Concludo con un monologo di Giorgio Albertazzi, in una fiction dedicata al Grande Torino, in video qui sotto:Il tempo, quando entra qui, si ferma un attimo, e si toglie il cappello.


    Giorgio Albertazzi: il Grande Torino

    giovedì 27 marzo 2008

    Il caffè Meletti, ad Ascoli Piceno, uno dei posti più belli delle Marche

    Per ora mi limito ad una caramella: il blog del centenario del Caffè Meletti.

    Ascoli Piceno, foto dal caffè Meletti

    Dire Caffè Meletti, Piazza del Popolo, Ascoli Piceno è pronunciare l'essenza di bontà, arte e bellezza purissima. Se non ci siete mai stati, fatelo.

    Tra l'altro, per chi - come me - è convinto che il calcio possa ancora essere arte, storia, cultura, a trenta metri da Piazza del Popolo c'è la Pantofola d'Oro...

    martedì 25 marzo 2008

    Di ritorno dalla settimana bianca in Trentino

    L'avevo già scritto e lo confermo, il Trentino (assieme all'Emilia Romagna) è l'NBA del turismo italiano, organizzazione ai massimi livelli per quel che può dare l'Italia. Sono appena tornato da una fantastica settimana bianca in Val di Fassa, ancora stupito da questa magnifica regione.

    L'ultima volta a sciare qui era tanto tempo fa. Ora torno e trovo:

    1) alberghi tutti con salone benessere gratuito (e questo si sapeva), puliti, eleganti e di qualità elevatissima;
    2) skipass a circuito integrato validi in tutte le Dolomiti (mi hanno detto che non è una novità recentissima, per me sono di una comodità pazzesca, altro che timbrare quel pallosissimo cartoncino con la mano intirizzita);
    3) depositi sci tutti riscaldati;
    4) seggiovie quasi tutte con cupola protettrice, così anche con la bufera non ti congeli;
    5) ristoranti che si associano per proporre menu caratteristici a prezzi un po' più accessibili;
    6) rifugi nei quali passeresti una giornata, tanto sono curati, decorati ed accoglienti.

    Male invece - e va detto - sul versante gluten-free, al quale sono ovviamente molto sensibile: molta buona volontà ma poca preparazione seria sul problema, che porta inevitabilmente ad imbarazzi più o meno fastidiosi se si sceglie la mezza pensione (che per fortuna abbiamo evitato, tranne l'ultima notte per motivi contingenti). Gli alberghi sono ancora pochissimi, basterebbe averne un paio per valle (considerato l'altissimo numero, anche un paio per paese non sarebbero chissà quanti), mentre i ristoranti aderenti al progetto AIC sono praticamente inesistenti.

    Idem dicasi (nota marginale, ma per me importante) per i distributori di metano: tre in tutto il Trentino Alto Adige - tutti in prossimità dell'autostrada - sono decisamente pochi per una regione che vive moltissimo di turismo.

    venerdì 14 marzo 2008

    L’itinerario ragionato del nostro viaggio di nozze, per auto-organizzatori: 7 - Polinesia, Cook Islands

    [disclaimer: intanto lo metto online così. Seguiranno formattazioni, link, foto eccetera, sennò va a finire che non lo pubblico più!]

    Se dovessi nominare un posto che mi dia l'idea del relax, del dolce far niente, del sogno ad occhi aperti, da sempre direi la Polinesia. Ma non quella delle riviste patinate, quella degli overwater, autoctoni come la papaya in Val d'Aosta; nella nostra Polinesia c'è pochissimo, modernità sì ma solo a tratti, solo dove serve.

    E' ovvio che una richiesta così vada posta nella blogosfera, soprattutto per l'alloggio. Cercando cercando, incappiamo nel blog di David Stanley, veteran travel writer del Pacifico.

    Rarotonga, nelle Isole Cook, destinazione proposta dall'agenzia, va benissimo (spezziamo qualche lancia, ogni tanto!). L'alloggio decisamente meno: il romantico Little Polynesian, boutique da trecento euro a notte senza uno straccio di cucina (che farebbe comodo a tutti, specialmente a chi deve prepararsi pasti gluten-free), è un salasso della peggior specie.

    Navigando un pochettino incontriamo due personaggi coi quali avremmo fatto amicizia non appena giunti a Rarotonga: Stefano Manelli e Roberta Lugli, milanesi capaci di venirsene qua, aprire un ristorantino e cambiar vita, come solo gli anglosassoni credevo potessero fare. Da loro, persone deliziose quali sono, arriva la dritta giusta: andremo alle Sokala Villas, alloggi spaziosi, puliti, bellissimi, con piscina privata e spiaggia a dieci metri.

    Unico neo: pare che a Rarotonga verso fine ottobre il tempo non sia così splendido. Però, a mezzora di aeroplanino in miniatura c'è Aitutaki, imperdibile gioiello dove il sole splende con più frequenza. Perciò faremo così: arrivo e tre giorni a Rarotonga, tre giorni ad Aitutaki e gli ultimi quattro di nuovo a Rarotonga. Il meteo ci darà ragione.

    L'arrivo a Rarotonga, da Melbourne via Auckland, pur essendo di notte, è proprio come uno se lo immagina. Sin dall'aereo, i passeggeri autoctoni, le hostess e persino il pilota sembrano comparse di un film, e all'atterraggio, lo speaker se ne esce con un "Welcome to Paradise" da show nani e ballerine. Al ritiro bagagli, come da copione, un omino dall'aria assonnata (sono le tre di notte) ci suona con l'okulele (il loro mandolino) una canzoncina di benvenuto. Le melodie di quaggiù sono attraenti, ma molto strane: un misto di dolce e malinconico, come un sole che non dura ed una pioggia che nutre, ma non rinfresca.

    Il profumo delle gardenie che ornano le nostre ghirlande (sì, ci sono anche quelle!) è incredibilmente ubriacante. La villa, sotto la luce della luna, con i fiori in ogni stanza e la sagoma della laguna di fronte, ci lascia senza parole.

    Nulla da dire: nell'accoglienza, i polinesiani sono maestri.

    Abbiamo viaggiato nel tempo, in tutti i sensi. Domani è un'altra volta sabato 27 ottobre, scherzi del fusorario! Al ritorno ci sdebiteremo rinunciando ad un lunedì: nulla da dire, il cambio è favorevole anche sulla data!

    Inevitabilmente lo passiamo per la maggior parte a dormire, ad esplorare la zona, a fare un giro in centro, il tutto intervallato dai bagni in laguna. L'acqua, sempre un po' caldina, bassa e con una corrente fortissima, invoglia più che altro a stare in ammollo. Un bagno vero e proprio, da queste parti, è difficile farlo. Ma dentro e fuori dall'acqua la temperatura è identica, ed è quella la sensazione piacevole: un'umidita non appiccicosa, ma rilassante.

    Le ragioni di tanta umidità le scopriamo presto: i nuvoloni che sabato sera avevano iniziato a buttare acqua, domenica non ci danno tregua. Del resto, se la vegetazione è così lussureggiante, un motivo dovrà pur esserci, no? Peccato che alternative al mare di domenica non ve ne siano: i missionari, oltre a distruggere la cultura locale, hanno reso la domenica come neanche il sabato per un ebreo ortodosso. Praticamente nulla di aperto, un autobus a mezzo servizio che gira l'isola in senso orario, nessun tipo di divertimento a parte la spiaggia. Aggiungetevi pioggia torrenziale, mescolate il tutto e otterrete una domenica non propriamente bestiale.

    Vabbè, poco male: dopo due giorni di tempo a singhiozzo - che però non ci ha impedito di fare bagni su bagni - ce ne voliamo ad Aitutaki. Ecco la Polinesia che sognavamo! Questo gioiello a trecento chilometri dalla capitale è un atollo purissimo, l'unica altura non supera i trecento metri, ergo nessun catalizzatore di nubi a differenza di Rarotonga. Al pari di tutte le isole del Pacifico, una barriera di corallo separa la laguna dall'Oceano, al quale si accede solo tramite una bocca, generalmente artificiale.

    E qui apriamo un altro capitolo. Almeno due sono le domande che uno deve porsi sulla Polinesia.
    La prima è come hanno fatto a giungere fin qui delle popolazioni che non conoscevano neanche la vela.
    La seconda, come facevano i primi polinesiani a sopravvivere, e come mai sono tutti grandi e grossi?

    In effetti, per il primo quesito ancora si stanno scannando. C'è voluto un mix di genetica, meteorologia, qualche rarissimo reperto archeologico ed il coraggio dello strepitoso Thor Heyerdahl per formulare la teoria più convincente. Thor aveva notato come le leggende popolari parlassero di una grande terra al di là del mare, e come molte cose (tra cui i tratti somatici dei maori, diversissimi dagli aborigeni australiani) avessero similarità col sudamerica. C'era anche, per inciso, il mistero della colonizzazione dell'Isola di Pasqua, lontanissima tanto dalla Polinesia quanto dal Sudamerica. Contestato dal mondo accademico (come sempre in questi casi), Thor decise di solcare il Pacifico con una zattera il più possibile identica a quelle con cui si pensa fossero arrivati i primi polinesiani. Sfruttando le correnti, la pesca ed i viveri a bordo (rigorosamente simili a quelli del tempo), in 101 giorni Thor arrivò sulla barriera corallina, dopo aver percorso 4300 miglia nautiche (al cambio attuale, quasi ottomila chilometri).

    Per la seconda domanda, la risposta va cercata nelle palme da cocco. Dal tronco esile eppure flessibile e resistente, questo albero fornisce ottimo legname, corde e materiale di copertura con le foglie (sembrano piccole e fragili, in realtà sono durissime ed enormi), e nutrimento con i propri frutti. La noce di cocco, solo con l'acqua, dà un apporto energetico pauroso; certo, se ti becca in testa, l'apporto te lo leva tutto, e rischi di rimanerci secco.

    Non è invece utile il pesce corallino, per via della ciguatera, intossicazione da tossine di corallo, che possono avere conseguenze serie (letali, in qualche caso). Per tanto non illudetevi di trovare ricette tipiche di pesce: in generale si cucinano prodotti della terra, il pesce è oceanico (tonno, barracuda).

    A quanto sono grossi i polinesiani forse Darwin e la genetica potrebbero rispondere. Chissà, magari il fatto che la navigazione così difficoltosa per raggiungere le isole ha selezionato solo i più robusti con più riserve di cibo in corpo, o quelli dal metabolismo più lento. Sta di fatto che comprare una camiciola taglia ragionevole nei negozi locali è praticamente impossibile (altro che massificazione): partono tutte dalla XL (rare), per arrivare alla XXXXL!!!!
    Ma fa ancora più effetto trovarsi di fianco a questi giganti, tanto grossi quanto proporzionati nelle forme (ovvio, quelli non obesi), che uno come Bud Spencer ci fa la figura del piccoletto. Va da sé che se questi qua li prendi, li prepari atleticamente e gli insegni a giocare a rugby sin da piccini, diventano leggende indiscusse: come lo fermi un Lomu?

    Dicevamo: arriviamo ad Aitutaki, e già da sopra iniziamo a sognare. E come mettiamo piede in terra, ci rendiamo conto della semplicità di posti così. Innanzitutto ci danno le valigie a mano, uno per uno (l'aereo avrà portato trenta persone a dir tanto), come fossimo ad una gita scolastica. Poi, ai cancelli (ma saremmo potuti uscire da dovunque, altro che metal detector) ci aspetta Ron, un omino stranissimo, subito un mito: tranquillo, pacioso, sorridente, all'inizio non sembra manco tanto normale, ci carica su un pulmino un po' scassato, e ci porta al residence. Viene dal lontano arcipelago Nord, dove non c'è molto lavoro, ed è il tuttofare al Paradise Cove, dove alloggeremo. Il posto è semplice, bungalow piccolini, ma puliti ed attrezzati, e soprattutto, a dieci metri dal mare: la barriera corallina è proprio davanti a noi, con la maschera e le scarpette è a circa cinquanta metri dalla riva.

    I tre giorni ad Aitutaki, tra crociera, relax, sole, bagni, tramonti in laguna, cene romantiche e feste polinesiane sono uno spasso. In effetti, tre giorni sono più che sufficienti, tanto più che l'isola è molto piccola e le attività possibili sono limitate.

    Da leggenda la licenza di guida per le isole Cook (non è sufficiente la patente internazionale): un poliziotto stravaccato sulla poltrona dell'ufficio (quando c'è), che ridendo mette un timbro e riscuote il bollo. Per quanto di stampo sudamericano, molto più semplice che da noi :-)

    Ad Aitutaki imparo ad aprire le noci di cocco con il tondino di ferro piantato a terra; un tripudio di frutta tropicale (la papaya è lassativa, occhio!!!) ci accompagna ovunque, così come il sorriso della gente. Ogni tanto incappiamo in qualche bottega pseudo-tipica, gestita da qualche fulminato americano o europeo di chissà quale origini e quale storia.

    Pur avendo la piastra per cucinare, preferiamo andare al ristorante, visto che i prezzi sono abbordabili anche in quelli di altissimo livello (che sul senza glutine sono mediamente ben preparati), dato il cambio molto favorevole. Ed in effetti non rimaniamo delusi: la cucina è varia ed apprezzabile, anche se certi piatti sembrano usciti dalla fantasia di qualche maniaco, visti gli improbabili accostamenti di sapori.

    Dopo tre giorni intensi, ce ne torniamo a Rarotonga, dove il sole ha iniziato a splendere con più frequenza. In effetti, è un altro vedere: a questi posti togli il sole e manca parecchio. Chissà, forse è per questo che la pioggia spesso dura poco, quasi non volesse disturbare.

    Ad ogni modo, ci godiamo i nostri ultimi giorni del viaggio di nozze nel più completo relax, prima di riprendere il lavoro. Quaranta ore di aereo ed un cambio radicale di abbigliamento, dalle ciabatte al cappotto, ci attendono il lunedì (che poi sarebbe già martedì), e via Auckland - Sydney - Singapore - Parigi, arriveremo a Bologna: alla conta finale, gli aerei presi saranno diciannove!
    Per fortuna, i bagagli li imbarchiamo a Rarotonga e non li rivedremo prima di Bologna. Si tratterranno una mezza giornata in più, e ce li recapiterà il corriere verso sera. Il fuso si farà sentire per qualche giorno, ma tutto sommato cercare di adeguarsi subito agli orari funziona.

    Con questa cronaca di viaggio si conclude il racconto del nostro viagio di nozze. Alla partenza, aeroporto di Bologna, mio padre si raccomandò: i viaggi sono tutti belli, ma il viaggio di nozze è qualcosa in più. Il viaggio di nozze deve distinguersi...

    Abbiamo attraversato mezzo mondo, e visto per la prima volta animali curiosi, una natura rigogliosa, deserti, paludi e billabong. Ci siamo fermati in silenzio sotto il Grande Monolito, in estasi davanti ai favolosi Mari del Sud. Abbiamo guidato per ore in mezzo a boschi e vigneti, per molte meno in mezzo al traffico, siamo passati dalle foglie gialle dell'Italia alle margherite australi, cambiato clima cinque volte, viaggiato nel tempo e raggiunto l'altro capo del mondo. Siamo giunti al Sud del Sud, abbiamo visto canguri, koala, coccodrilli, cockatoo, eucalipti, palme da cocco, mangiato del samphire, bevuto dal cocco appena aperto, assaggiato il vegemite, ammirato le politiche alimentari dell'Australia e della Nuova Zelanda. Abbiamo assaporato l'atmosfera delle città coloniali, quella delle città occidentali e quella dei villaggi (quasi) incontaminati. Abbiamo dormito in motel, tuguri, bungalow, appartamenti da sogno, case restaurate, palazzi neoclassici e ville vittoriane. Abbiamo conosciuto italiani emigrati oggi, italiani emigrati ieri, polinesiani grossi e piccoli, australiani very English, altri very American, altri semplicemente Aussie, aborigeni ridotti a fenomeni da baraccone, altri con qualcosa ancora da dire, altri italiani in viaggio di nozze, e rivisto amici di passaggio (?) laggiù.

    E non ci siamo neanche ammalati. Insomma, mica male, no?