lunedì 30 giugno 2008

Le opinioni che piacciono a me: semplici, razionali, il più oggettive possibili. Per viaggi e non solo.

Non sono un animale da newsgroup. Ero iscritto ad alcuni gruppi qualche anno fa, ma principalmente lurkavo, postando molto poco e fraternizzando ancora meno (cosa che in rete fatico a fare, mi mancano lo sguardo, la risata, la stretta di mano, e la capacità di scrivere in maniera efficace).

Principalmente frequento i newsgroup (e i forum) quando ho bisogno di acquistare qualcosa, o avventurarmi in un viaggio. E' stato così che ho scelto Pantelleria nel 2006 ed Aitutaki nelle isole Cook lo scorso anno. E li trovo tremendamente efficaci. Con una riserva: le opinioni giuste vanno sapute cercare, o si prendono amare delusioni. Una di queste è stato evitare l'Hotel di Queenscliff per Geelong, nel Victoria. Un'ottimo consiglio è stato invece Giovanni Matta per Pantelleria.

In questo caso, girando per gelatiere e robot da cucina, mi imbatto in questa descrizione del Bimby (che razza di nome!). Non una stroncatura, ma neanche una cieca esaltazione: un'opinione, ben costruita e circostanziata, utile a comprendere se è adatta o no a noi. Queste sì che sono opinioni!

venerdì 20 giugno 2008

Un parco naturale in pieno centro città. A Sydney? No, in Ancona

Sarà che da quasi due mesi non torno giù nelle Marche. Sarà che con questo caldo e splendido sole di giugno sono gasato a mille, perché tra domani e domenica mi sparo nell'ordine le spiagge di Mezzavalle, Sirolo e Portonovo. Sarà la festa per la Pedalota che arriva dalla Croazia sabato pomeriggio, o la festa sabato sera, o la partita dell'Italia in riva al mare domenica sera.

Sta di fatto che ogni novità riguardante Ancona in questi giorni diventa notizia bloggabile. Ma l'apertura dell'ingresso versante Duomo al Parco del Cardeto di domenica 21 lo sarebbe stata anche a metà novembre. Il Cardeto ospita il Vecchio Faro. Ex zona militare, confina col Campo degli Ebrei, vecchio cimitero ebraico che lo divide dalla Facoltà di Economia. Per darvi un'idea del posto, la sede della facoltà era una caserma, mentre dal Faro Vecchio spuntavano i cannoni a protezione di Ancona: faceva parte di una rete di protezione fatta costruire in fretta e furia dopo il 1860, prima che Venezia diventasse italiana, ed Ancona era il porto italiano dell'Adriatico più importante a livello commerciale e militare.

Il tramonto dal Faro vecchio

Oggi, crollato il muro di Berlino, diverse zone militari sono state smantellate: ne consegue che ci troviamo con una sede universitaria stupenda ed un parco mozzafiato, quasi completamente selvatico (girano anche i tassi, per capirci), a picco sul mare e a due minuti dal centro città. La vista è quella mostrata a lato, ma su flickr ci sono foto ancora più belle, tipo questa oppure questa.

Da domenica, il parco del Cardeto sarà accessibile anche da via Birarelli, zona dell'ex-carcere e dell'Anfiteatro Romano (e di una tragedia immane risalente alla seconda guerra mondiale), oltre che da Economia (ex caserma Villarey) e da via Panoramica (sopra al Viale della Vittoria).

giovedì 19 giugno 2008

E due: ma le tracce dei temi di maturità chi le propone?

Errare è umano, perseverare è da ministri dell'istruzione: lo scorso anno su Dante, quest'anno su Montale.

Interessante invece lo spunto del tema generale, sulla comunicazione delle emozioni. Tuttavia, patetica la boriosità di chi ha steso la traccia, tra il nostalgico mieloso (un tempo... l'attesa... gli odori...) e l'apocalittico piccolo-borghese (oggi impersonale ed immediata). Persa un'occasione per analizzare la vastità di una produzione letteraria nuova, con simboli nuovi (emoticon, ma anche acronimi, signatures, link, ipertestualità, abbreviazioni originali ed altro ancora), con dimensioni nuove (il senso di vicinanza e di prossimità della mail, ed ancor più dell'sms, stravolgono i contenuti di una comunicazione tra persone lontanissime) che peraltro (il concetto di ibridazione è sconosciuto a costoro) non soppianta la lettera scritta come mezzo di comunicazione, semmai la esalta, enfatizzandone le caratteristiche fisiche e personali che la rendono - appunto - odore, tatto, attesa.

Un link interessante per approfondire alcuni spunti: Derrick De Kerckhove.

Del viaggiare schematico, ovvero perché odio la geografia turistica. E perché in Ancona ti porto al Passetto a mangiare le crucete

In qualunque esame per l'abilitazione alle professioni turistiche che si rispetti, la parte del leone la fa sempre la geografia turistica. Ovvio: come puoi lavorare nel turismo se non sai dove sono (e cosa siano) Petra, o l'Angkor Vat, o Abu Simbel, o Machu Picchu? Mica tanto ovvio, per la verità: me lo ricordavo a memoria il giorno dell'esame, ora la memoria è un po' più arrugginita, specie se non tratto destinazioni internazionali.

Ho sempre amato la geografia: da piccolo, passavo ore a guardare il mappamondo, l'atlante, la cartina geografica. Mi piaceva scovare quei posti dai nomi esotici, immaginare le facce di chi ci viveva, sentirli pronunciare nei discorsi. Mi affascinava la Mongolia, persa laggiù in Asia, ma anche il Giappone, con tutte quelle città in un centimetro quadrato di mappamondo. E poi l'America, da Nord a Sud: guardavo le città del Brasile e mi immaginavo le spiagge calde quando da noi era inverno. Leggevo Bahìa e pensavo a come ne parlava José Carioca nei Tre Caballeros di Walt Disney.

Poi è venuta la geografia turistica. Con una passione del genere, non è difficile imparare tutti quei nomi. Il viaggio per me è sempre significato, tra le altre cose, mutare in qui-ed -ora qualcosa che era là-e-poi: essere a Sydney avendola sempre immaginata come lontanissima, quasi appartenente ad un'altra era, mi fa sentire un supereroe, che supera le barriere dello spazio e del tempo.

Eppure, c'è qualcosa nella geografia turistica che sottende il semplice nozionismo: la pretesa di rinchiudere in una categoria ben precisa quello che si deve fare, vedere, non perdere quando si è in un certo posto. Più che nozionismo, tassonomia: Asia -> Sud-Est asiatico -> Cambogia -> Angkor Vat; America -> Nord America -> Canada (o tour Usa-Canada) -> Niagara Falls.

Forse aveva senso cent'anni fa. Senza televisione, cinema, Internet, se andavi a Roma e non vedevi il Colosseo te l'eri perso, al massimo te la cavavi con qualche stampa. Lo raccontavi agli amici, tingendolo con particolari che solo tu eri riuscito a scorgere (ricorda - faceva dire il grande Ignazio Silone ad un cafone su Fontamara - quando sei a Nuova York, vai sulla quarantanovesima strada).

Oggi, tutto sommato, lo vedi in tv, al cinema, su Internet, nelle foto, nei video amatoriali, nei disegni... insomma, non rischi di perdertelo. Diventa semplicemente una categoria nella quale entrare per non sentirsi estranei alla massa che ne fa parte. Se sei stato a Roma, devi far parte di quelli che hanno visto il Colosseo (vale anche per l'Angkor Vat, Ground Zero, le cascate del Niagara ecc.). Se non ci vai, non la scampi: sei un alternativo (altra categoria massificata), perché deliberatamente scegli di non appartenere ad una categoria in quanto percepita di massa.

Altro è, a mio parere, capire cosa si vede, e tracciarne le direzioni maturando così l'abilità a tradurre la tradizione. Una tesi di laurea in Comunicazione credo si intitolasse così, mi pare parlasse della Sardegna e sono sempre stato curioso di leggerla. Lorenzo Cairoli, ad esempio, è molto abile in questo, in particolare quando parla del Piemonte: racconta, narra, trova i fili più nascosti e intesse le trame dei piatti, dei monumenti, delle tradizioni.

Questo dovrebbe saper fare un'ottima guida turistica (intesa sia come libro che -ancor più- come persona): rendere ogni monumento, piatto, costume e quant'altro non un obbligo perché va visto, assaggiato, fotografato, ma parte di una narrazione, un racconto del quale si è curiosi di vedere come va a finire.

Per esempio, se in Ancona (sì, per quanto possa sembrare strano o stonato, si dice in Ancona, leggiti Sorelle Materassi) ti porto a mangiare le crocette, non lo farò mai - se possibile - al ristorante. E ti assicuro, non perché così non è tipico. Della tipicità non me ne frega un beneamato: è solo un'altra etichetta, una categoria, devi farlo perché è tipico. Semplicemente perché - secondo me - lo spirito delle crucete, così come delle saraghine a scotadeti, è di mangiarle su un cartoccio davanti al Passetto, simbolo, con le sue grotte, di chi ha strappato un salotto alla roccia; simbolo dei pureti che hanno fatto le nozze coi fichi secchi, ma gli sono venute bene. E poi ti reciterò - o io, o magari un attore teatrale - le poesie che ti ho appena linkato.

Avrai capito lo spirito della città e sarai poi curioso di saperne di più. Molto più che leggendo una qualsiasi guida del touring o - peggio ancora - della Lonely Planet.

martedì 17 giugno 2008

La Pedalota: da Zara a Palumbina in pedalò... e chi se lo immaginava!!!

Da Ancona, quando sono a casa dei miei, mi affaccio alla finestra e vedo il mare. Di mattina presto, col cielo sereno, scorgo la sagoma dell'Isola Lunga, davanti a Zara. Come un fantasma, come se volesse avvisarci che di là c'è qualcuno: difficile da spiegare, forse può capirlo solo chi è cresciuto sul mare.

E da piccolo, vivendo a Palombina, periferia nord di Ancona, col mare davanti casa, sognavo di nuotare o andare col pedalò fino alla Jugoslavia (ancora si chiamava così).

Vent'anni dopo, due miei vicini di casa, Matteo e Sabrina, in Jugoslavia ci vanno davvero. Anzi, tornano dalla Jugoslavia, cioè dalla Croazia, Isola Lunga, in pedalò. E non al porto di Ancona, come un traghetto qualunque. Nossignore: proprio a Palombina!
E sabato sera, grande festa al Donaflor di Palombina per celebrare chi ha avverato i tanti sogni di bambino.

Correndo l'anno di grazia 2008, la Pedalota può essere seguita anche su youtube.

Qui il sito, e qui il blog.

Il varo del PedalòNota: questi non sono né artefatti, né fighetti. So' proprio pazzi scatenati. In più ci sanno fare coi media. Ma sulla genuinità dei personaggi, garantisco. Me sto facendo quattro risate a vedé le foto de tutta l'operaziò...

lunedì 16 giugno 2008

Finalmente (ottimo) pesce senza glutine: bagno Astra, lido Estensi

Weekend ai lidi ferraresi: piacevole sorpresa ovviamente non per il mare (questo ce lo sanno anche gli abitanti), ma per l'immensità delle spiagge, la romanticità dei panorami (le Valli di Comacchio e le peschiere lungo la Romea sono uno spettacolo di grande bellezza) e la natura che si toglie le catene e si infila in ogni pertugio libero lasciato dall'uomo.

Talvolta anche in senso negativo: è il caso del mezzo alluvione di sabato scorso, che ha reso Porto Garibaldi e zone limitrofe una piscina di cinque chilometri quadrati, per fortuna senza tragiche conseguenze. C'è anche da dire che qua, con le valli a due metri ed il Po poco oltre, pompe e idrovore non sono oggetti misteriosi, e come piove un po' più dell'ordinario l'allerta è generale.

In uno scenario da mare d'inverno (ché questi non sono temporali estivi, ma alluvioni autunnali!), ma col tramonto posticipato di quattro ore buone, dopo una passeggiata per il lungomare del Lido degli Estensi, arriviamo al bagno Astra, unico nella zona per la cucina senza glutine.

Dieci di sera, giungiamo appena in tempo per mangiare: dato il tempo, un sabato da tutto esaurito si trasforma in una cena con pochi avventori, cosa che generalmente preferisco, specie se trattasi di pesce. Personale molto cordiale, dal gestore ai camerieri alla signora che dirige in cucina: ha una bimba celiaca, ed i capolavori che assaggiamo sono merito suo. Pasta, pane, pesce arrosto (con la mollica di pane) e frittura sono eccellenti. Si sentiva che qualcosa non era freschissimo, data l'agitazione dei pescatori di questi giorni, ma con le retine e la capacità di scegliere la qualità restava altissima.

Pesce arrosto veramente valido, frittura ottima - chi cucina senza glutine sa quanto è difficile farla almeno simile all'originale, qui è identica, leggera e strepitosa - maccheroncini al sugo di granchi, che non ho assaggiato, ma che mia moglie ha gradito molto. Apprezzo chi non si nasconde dietro piatti altisonanti e, se ha i granchi, non si vergogna di proporli: a mio parere, crostacei sempre troppo sottovalutati, si adattano a diversi usi (anche fritti e arrosto sono eccellenti), e non avendo la dolcezza degli scampi o delle canocchie, riescono a controbattere bene il pomodoro, mantenendo il proprio carattere e rispondendo per le rime. Così come apprezzo, per il senza glutine, la libertà di scelta in tutto il menu, interamente replicabile nella versione gluten-free.

Grandioso il dolce alla ricotta, a chiosa di una cena difficile da dimenticare: ed eravamo al chiuso, e faceva freddo...
    Bagno Astra
    Via Spiaggia, 13 (bagno numero 13)
    Lido degli Estensi (FE)
    Tel. 0533.327953 ; 348.7130138
    Persona di riferimento per il senza glutine: Bigoni Roberta
    Note: apertura stagionale (da mar a ott), consigliata prenotazione nei fine settimana e a cena.

domenica 15 giugno 2008

Straniero, italiano, sinonimi.

Il cous-cous - ovviamente di matrice araba - in Sicilia; lo strudel - austriaco - in Trentino Alto Adige.

Francese inVal D'Aosta, ladino e tedesco in Alto Adige, greco in Salento, albanese in Calabria, català in Sardegna, sloveno in Friuli. Magna Grecia in Sud-Italia, mosaici bizantini a Ravenna. Arte normanna a Palermo, ma con maestranze arabe.

Uvetta - sultanina, ovvio - nei piatti meridionali ma anche veneti, baccalà e stockfish - pardon, stoccafisso - dalla Norvegia normanna. Pomodoro - amerindio - e patata - idem. Vino iracheno, o mesopotamico, ed olio greco, ma qui stanno così bene che rendono al meglio. Asiatici in Etruria, e turchi fondatori di Roma (Roma? Enea? Troia? Schliemann?), biondi, alti ed occhi azzurri in Sicilia, accanto a mori, bassi e scuri, eppure entrambi siculi doc.

Cozze? No, moscioli in Ancona, ma anche muscoli a Livorno e mussels in Inghilterra e musseln in Germania. Spagnoli in Piemonte, ma anche francesi, e non solo lì, pure a Napoli (Pascà, Pascal, Pasquale). Spezie in tutt'Italia, ma dall'Asia. Seta sì, ma cinese. Caffè arabo, ma dal Brasile. Cacao messicano, con il mais.

Russi, asiatici, arabi, scandinavi, tedeschi, spagnoli, francesi, turchi, arabi, mesopotamici, greci, inglesi, nordafricani, albanesi. Tutti italiani doc.

Cosa significa dunque straniero in Italia?

venerdì 13 giugno 2008

Il dialogo in rete: un paio di esempi in Italia e all'estero

Tempo fa avevo ricevuto i ringraziamenti da parte di Gigina per una recensione (non ce l'ho neanche fatta a tornare a trovarli, loro e i cappellacci... vabbè, provvederò). I gestori sono andati a leggerla dopo aver visto la stampa del foglio da parte di alcuni clienti francesi: sicuramente da quel momento il web è divenuto meno misterioso per loro.

Altri gestori - e questa cosa mi piace - girano per dialogare coi propri clienti, rispondendo puntualmente alle recensioni, spiegando le proprie ragioni in caso di disguido.

Vi propongo due esempi, visto che in questo periodo si sta dibattendo sul dialogo coi propri clienti a seguito del caso Mosaico arredamenti: il primo è della locanda Il Varano, in zona Lidi ferraresi, tra Comacchio e Codigoro; il secondo, invece, a Sydney, ed è il Simpsons of Potts Point, b&b stellare in una zona incantevole della città australiana.

Entrambi i gestori, tanto qui quanto là, si premurano di andare in rete e spiegare, se c'è stato un equivoco, le ragioni, o addirittura controbattere se è il cliente ad essere nel torto; sempre però nell'ottica di migliorare. Se fate bene caso, poi, la proprietaria della locanda il Varano non è chissà quale scrittrice, giusto per tacciare quanti cercano alibi nelle proprie capacità letterarie per comunicare su Internet.

Ovviamente, esistono anche casi negativi, di strutture che controbattono in rete ma non correggono i difetti: ne ho avuto prova proprio domenica scorsa, ma preferisco non parlarne, come si fa nelle guide, a meno che non si configuri un comportamento scorretto o peggio disonesto (e a quel punto lo farei per mettere in guardia futuri avventori).

martedì 10 giugno 2008

Trieste, l'eleganza assoluta della mitteleuropa.

Esistono città che devono al treno la propria fortuna; altre invece sventrate, snaturate, sfigurate dalla ferrovia; altre ancora, sfiorate e nulla più. Ma certe dovrebbero riservare alla ferrovia gli onori di un testimonial d'eccezione, città il cui ingresso via treno è semplicemente maestoso. Spesso accade con le città di mare, ma non sempre: a Livorno entri dalla zona industriale, facendoti largo tra fumi e miasmi; ad Ancona - e a Mantova, anche se solo di lago - rimani sospeso tra l'obbrobrio della raffineria e lo splendore - poco oltre - della città che si specchia sull'acqua.
A Milano sembra di rivivere la belle-epoque, però reinterpretata dai nevrotici personaggi odierni, mentre a Torino passi dalla splendida Moncalieri al lugubre Lingotto.

Trieste, nulla di tutto ciò: là, già una ventina di chilometri prima, superato Monfalcone, inizia la passerella trionfale lungo il golfo, dall'alto. Per certi aspetti ricorda la Liguria, ma è più maestosa, aristocratica. In quei venti chilometri, esistesse un treno veramente di classe (altro che gli asfittici Eurostar), dovrebbe essere insonorizzato, andare a venti all'ora e sax in sottofondo. Il tutto verso il tramonto, a lume di candela.
L’Adriatico visto dal treno
Il golfo, il verde, Miramare e la vista del porto sono un inno all'Adriatico e alla sua storia, a qualcosa che va oltre l'Italia, alla sintesi di romano, veneziano e mitteleuropeo che rendono la città di un'eleganza tale da farla sembrare una Torino sul mare.
Scorcio del porto di Trieste
A Trieste, quando imbocchi il lungomare dalla stazione, passato l'austero e maestoso edificio della Banca d'Italia, dovresti toglierti le scarpe, ed in pantofole indugiare sul molo, sulle rive, in piazza Unità d'Italia; salvo poi infilarti gli scarponi per salire a San Giusto, dietro cui la città svela aspetti più metropolitani e abbandonati.
Piazza dell’Unità d’Italia vista dal molo
Ma un salotto su un lungomare così elegante, aristocratico eppur vivo (a differenza della splendida ma ormai morta Venezia); un salotto così, sul mare, non ce l'ha nessuno.

Online ovunque, specie in viaggio. Meglio o peggio?

Tra wi-fi, UMTS, Iphone (a breve), laptop per tutte le tasche, connessioni mobili - ancorché mooolto migliorabili - si tende ad essere online ovunque.

Fin troppo, forse, anche se è innegabile l'utilità di essere in rete (anche solo episodicamente) in viaggio: dritte sul posto, aggiornamenti su eventi e manifestazioni, orari dei treni in real time e tanto altro.

Al di là di moralismi e sociologia da bar, geniale questo spot: le "secchie" (ri-)scoprono la natura.
L'uscita dalla caverna rivista da vodafone